Visionary Days 2021: quanto veloce sarà il futuro? – Cap.0
C’è una luce spenta davanti a noi. Visionary Days è un evento che ogni anno raccoglie oltre 2500 ragazzi da tutta Italia e li spinge al confronto, in modo attivo, sul loro futuro. Quest’anno ha avuto come tema centrale la velocità, intesa come grandezza fisica che abbraccia, stringe e strappa prepotentemente verso di sé l’avvenire più prossimo, in modo sempre più dirompente. Tale grandezza è stata analizzata passo per passo, una sotto-tematica per volta, prima grazie agli interventi di memorabili ospiti, poi attraverso il dialogo e il confronto attivo fra le migliaia di ragazzi presenti, tutti tra i 16 e i 35 anni.
Io ho avuto la fortuna di essere tra loro, e se parlo di fortuna non è un caso. Ho deciso di condividerla con voi, appassionati lettori di Parolaperta, perché sono sicuro che tra di voi si nascondono mucchi di giovani pieni di speranze, aspettative e attese per il prossimo futuro. E sono altrettanto sicuro che molti tra voi, almeno per una volta, si sono sentiti soli, quasi abbandonati e avvolti da angoscia davanti a queste prospettive. Scoprirete che non è così: faremo insieme sei viaggi più uno, e vi stupirete quando, alla fine di tutto, la luce davanti a voi, improvvisamente, forse si accenderà.
In questo capitolo, il numero 0, che vuole essere una sorta di introduzione al nostro temerario viaggio, andremo a scoprire le parole con cui Emma Bonino ha parlato a noi giovani nel corso dell’evento, lanciandoci una missione per nulla facile e scontata.
Noi, giovani menti creative, siamo come detenuti tra le sbarre di Passato e Presente, gabbie che al netto di ogni immaginazione non lasciano spazio a modifiche. E dentro tali sbarre ci sentiamo intrappolati, al punto che anche il Futuro ci sembra già scritto, vittime di generazioni precedenti che, con le loro scelte, ci hanno lasciato un mondo colmo di caos nel quale fatichiamo a prenderci le nostre responsabilità.
È a causa dei loro errori che la nostra strada sembra già segnata; indirizzati da statici binari ferroviari che ci rendono incapaci a sterzare. Eppure, lo descriverebbe bene De Gregori, c’è un’altra via che si può percorrere, quella del suo bufalo e di tutti i giovani sognatori: sterzare di lato e cadere.
Di questo si è parlato a Visionary Days 2021, lo scorso sabato: di futuro. E, in oltre 2500, si è scoperto qualcosa di apparentemente banale, ma che nessuno di noi, da solo, aveva pensato prima di partecipare all’evento: di possibili futuri ne esistono infiniti e non tutti sono drammatici.
È di ciò che ha parlato anche Emma Bonino, tra gli ospiti illustri dell’evento: non certo una ragazzina, anagraficamente parlando, ma carica di una grinta talmente straordinaria da rendere me e tutti noi giovani presenti invidiosi. Ce lo dimostra in apertura: dice di non limitarci a coglierla o semplicemente a viverla ‘sta vita, ma ad essere intraprendenti, a sbranarla.
È sulla passione che si incentra il suo intervento: è vero, il mondo che ci hanno lasciato i nostri padri non è certo dei migliori, ma cosa possiamo farci? Il passato, come sostenuto in apertura, è immutabile, fermo per l’eternità a ciò che è stato.
E allora? Come possiamo impugnare la nostra penna e scrivere pagine piene di passione?
C’è un quaderno aperto solo per noi: è quello del futuro.
E così, Emma non ci lascia alibi: parla di scuola, della sua grave arretratezza; denuncia la sua generazione della paternità di un familismo che uccide la nostra creatività; accenna più volte alla triste condizione femminile nel mondo: in Italia, ad esempio, è solo da poco tempo che le donne hanno iniziato ad avere un reale accesso alle materie STEM.
Poi però si ferma, guarda la bilancia virtuale sulla quale sta pesando i difetti del nostro mondo e prende a riempire, con calma ma decisa, l’altro piatto: ci ricorda del sistema pensionistico europeo, unico e ben distante da quelli fatiscenti degli altri Paesi; elogia un sistema sanitario in continua crescita e con orizzonti futuri sempre più promettenti; sottolinea l’aggiornarsi di un mondo sempre più proteso verso le libertà (sempre in fila per due con il dovere -ammonisce- per non dover trasformare la libertà in licenza), e riflette finemente su un mondo che, rispetto al passato, pone l’attenzione sull’individuo piuttosto che sulle masse. Come a dire: siamo una scala di grigi, non sfumati in modo definito, non classi statiche di bianco, nero e colori a sé stanti.
Quindi, lei guarda a quella che noi abbiamo visto come una bilancia virtuale, come ad un bicchiere –mezzo pieno– dice.
Mezzo pieno, ma non da bere e svuotare, piuttosto da continuare a riempire e migliorare: è questa la sfida che ci lancia. E riflette: “il contenuto di quel mezzo pieno non è poi neanche così male come sembra”. Lo dice con gli occhi profondi di chi ha vissuto guerre e scandali politici ben più gravi di quelli attuali. Di chi ha visto l’essere umano cadere in un burrone, riarrampicarsi lentamente fino a riassaporare la luce e poi ripiombare nel buio nero pece. Lo dice con la consapevolezza di chi sa che tutto ciò è brutalmente normale e naturale. Fa mente locale su quella che è stata la sua di giovinezza: quanti diritti e libertà conquistati con sudore e che ora diamo quasi per scontati. Il suo discorso non vuole svalutare i problemi del mondo attuale, ma tende a ricordarci che non siamo né i primi né gli ultimi. Invita a lasciare da parte le lamentele per cominciare ad agire.
Emma lo riassume con una frase finale, tagliente e tremendamente vera: “la vita è sempre stata così difficile”.
Una risposta
Complimenti Riccardo, dev’essere stato un incontro illuminante del quale ci hai trasmesso abilmente il succo. Non vedo l’ora di leggere i prossimi articoli!