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Chi non è in grado di fare parte di una comunità civile o non ha bisogno di nulla perché basta a  stesso, non è parte dello stato. Quindi o è una bestia o è un dio.”

Così scrive Aristotele nella sua “Politica”, un’opera dedicata all’amministrazione della polis, in cui il grande filosofo greco identifica differenti forme di governo, interrogandosi su quale possa essere quella migliore, ma soprattutto in cui analizza come gli uomini tendano a riunirsi in uno Stato, cercando di organizzarlo in modo tale da raggiungere il bene comune per la società.

Mi è sempre piaciuto pensare che la necessità di intrattenere relazioni sociali sia intrinseca nella nostra natura di esseri umani, che siamo uomini solo se tra e con altri uomini. Mi affascina il concetto di uomo come animale politico, di un uomo che ha il dono della parola, dono che non è stato concesso ad altre specie, eche ci permette di comunicare, di capirci l’un l’altro, di materializzare e rendere accessibile quella che è la nostra anima.

È anche vero però che non tutti gli uomini possono stare con tutti gli uomini, siamo tutti diversi e queste differenze non possono che riflettersi su come ognuno di noi sceglie di instaurare e mantenere rapporti personali.

La nostra società è organizzata in modo da garantire sempre una struttura di gruppo.

Nasciamo in famiglia, qualsiasi forma questa abbia, e fin da subito entriamo in relazione con altri soggetti, che osserviamo e, normalmente, tendiamo a imitare.

Andiamo a scuola, ed il gruppo relazionale si amplia. Conosciamo persone che, a loro volta, vengono da altre famiglie, che hanno osservato ed imitato partendo da stimoli probabilmente differenti, e che hanno iniziato un processo di formazione della propria coscienza diverso dal nostro.

Nel frattempo frequentiamo altri contesti di aggregazione sociale, vuoi che sia lo sport, la scuola di musica o il corso di inglese, l’associazionismo e qualsiasi altro interesse che ognuno di noi, crescendo, potrebbe sviluppare.

Poi si entra nel mondo del lavoro, ed anche qui non cessa questo costante flusso di rapporti che cominciano, si approfondiscono, terminano, ricominciano di nuovo, sempre spinti dalle esigenze che ognuno di noi matura nel tempo e con l’esperienza.

In tutto questo percorso – che indubbiamente cambia da persona a persona ma, se vogliamo vedere una linea temporale generale, integra le tappe principali – facciamo amicizia.

Amicizia. Quanto è bella questa parola. Tra i suoi significati, può essere definita come “Comunità tra due o più persone, unite da affetti e da interessi, ispirata da affinità di sentimenti e da reciproca stima”.

Comunità. Comunità è gruppo, è unione di soggetti diversi che scelgono di condividere la propria essenza con altri che, a loro volta, prendono la stessa decisione. È coesione di persone che vedono nell’altro una proiezione migliore di sé stessi, da cui vogliono imparare e, allo stesso tempo, cui sperano di poter insegnare qualcosa.

Affinità di sentimenti e reciproca stima. Mi soffermo su questa specifica parte di definizione, e penso a quanto sia sincera. È vero, nasciamo e cresciamo in un contesto di gruppo, ma ci leghiamo effettivamente solo a chi ci è affine e, come conseguenza, per cui sentiamo di provare forte stima e ammirazione.

Ci rifletto un attimo, e mi accorgo di quanto sia peculiare vedere come tante persone tanto diverse da me, per abitudini, modi di pensare e di fare, mi siano in realtà così affini.

Persone che hanno pregi e difetti così differenti da quelli che ho io, che hanno idee e passioni a me totalmente sconosciute, che vivono la vita in un modo in cui io non la vivrei.

Persone che però ho scelto e scelgo tutti i giorni di avere al mio fianco, con cui mi confido, cui chiedo e da cui ricevo consigli, cui rivelo i miei più profondi segreti e le più grandi paure, di cui mi fido, mi fido come se fossero lo specchio di me stessa. Eppure l’immagine riflessa è così dissimile in apparenza.

Mi piace pensare alle relazioni come a un Tetris. Tanti pezzi, l’uno diverso dall’altro, che provano a incastrarsi tra loro. A volte ciriescono e a volte invece no, ma rasserena pensare che ognuno di quei pezzetti ha il proprio posto nel mondo, che deve solo riuscire a trovarlo. E che magia si crea quando finalmente individui la posizione giusta, trovi il pezzo che combacia. Ovunque tu sia, ti sentirai a casa.

È importante realizzare quanto le persone che ci circondano siano importanti per noi e per come scegliamo di proseguire la nostra esistenza, è importante essere grati ogni giorno per la fortuna che abbiamo ad aver trovato il nostro posto nel Tetris.

Ma, soprattutto, è importante rendersi conto della responsabilità che abbiamo nei confronti di tutti quelli che hanno scelto noi, tutti quelli che hanno visto in noi un’anima bella che vogliono avere accanto, tutti quelli che vogliono condividere con noi le proprie gioie e inquietudini.

Aristotele aveva ragione, siamo animali sociali e viviamo in funzione delle relazioni che instauriamo con chi ci circonda. Serve collaborazione, condivisione, supporto. Serve lavorareintensamente per raggiungere quel fine ultimo che è il bene della società, e quindi il nostro.

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