Vogliamo davvero conoscere nuove persone, uscirci e frequentarle?
Per noia o per divertimento siamo sempre lì, con il telefono in mano, per matchare e scrivere a qualcuno che potrebbe essere interessante e affine al nostro carattere: cerchiamo qualcuno con caratteristiche uniche, una bellezza disarmante e così affabile nei rapporti sociali che non potrebbe mai far fare una misera figura al partner. Insomma, ricerchiamo un’ideale perfetto.
Negli anni ho scoperto le donne delle quali i poeti si sono innamorati, come Beatrice per Dante oppure Laura per Petrarca: donne inesistenti, fittizie, immaginate dall’uomo che le credeva “angeli del focolare”. Mai irascibili, mai sgradevoli.
Ma è stata l’Ars Amatoria a sferrare il colpo finale. Nel libro III, dedicato alle regole rivolte alle donne per conquistare un uomo, alcuni versi ammoniscono la donna a soffocare gli impeti rabbiosi sia per non rovinare la bellezza ma anche perché “Noi (uomini) detestiamo le fanciulle meste. Gente allegra, solo donna contenta c’innamora!”.
E allora l’altro?
L’altro ce lo racconta Ruby Sparks.
Questa commedia romantica del 2012, sceneggiata da Zoe Kazan, ci rivela come l’idealizzazione è una malattia incurabile.
Il protagonista, Calvin, cerca disperatamente di non rimanere solo e così comincia a scrivere di una donna perfetta tanto fisicamente quanto caratterialmente: una donna che, finalmente, lo legherebbe per sempre. Ed è proprio grazie alla sua macchina da scrivere che l’inchiostro si trasforma in sangue: Ruby appare sulla scena, perfetta come lo era sulla carta. Allora? Cosa potrebbe andare storto?
Ruby vuole ricominciare a studiare e uscire con i suoi nuovi amici togliendo però del tempo al suo fidanzato. Ecco allora che quest’ultimo la riscrive: vuole una ragazza che stia sempre con lui, senza estranei che potrebbero portarla via. Lei, nel frattempo, diventa irascibile, nervosa e lui, cliccando sulla sua QWERTY, la trasforma in una dolce e comprensiva donna, per sempre innamorata del suo Calvin.
Ma l’idealizzazione finisce e Ruby reclama la sua indipendenza: ha il diritto di lasciare quel rapporto e quella casa, ma non lui. Lui la cambia, scrive nuovi appunti sul suo carattere e la stravolge. Da distante diventa presente, successivamente diventa oppressiva e perciò Calvin ne modifica questa sfumatura caratteriale.
In questa storia folle e fantasiosa la realtà è presente ed assilla il protagonista quasi come fosse un coinquilino dispettoso. Ma la verità è che Ruby può essere diversa dalla idea platonica di fidanzata, disegnata da Calvin, sempre incapace di apprezzarla per quello che realmente è, non proverà a conoscerla né tantomeno ad amarla. Lei lo sconvolge e non pensa per un secondo di osservarla, la guarda solamente e pensa: “Deve cambiare”. Ma dopo la sua trasformazione che le è stata imposta, Ruby è davvero la sua Beatrice, la sua Laura? No: lei non è perfetta, Calvin vorrebbe continuare a cambiarla perché c’è quel dettaglio, ancora, che non lo convince e che pertanto non rende ideale la donna di cui ha scelto di innamorarsi.
Da ciò scaturisce la verità: Calvin non può innamorarsi di Ruby perché è già innamorato di se stesso. Le nostre creazioni, in questo caso un romanzo, ci rendono così fieri di noi che ci innamoriamo di queste piccole immagini mentali che siamo riusciti a rendere tangibili. I rapporti umani, però, stanno diventando micro-obiettivi dei nostri progetti: un lavoro, una casa e un partner. Tutto deve essere programmato e stabilito, e se qualcosa andasse fuori dagli schemi ecco che il nostro mondo collasserebbe. Questo è il motivo per cui idealizzare una persona è confortante e perché gli uomini, in questo caso, ci impartiscono “lezioni”. Ovidio dedica alle donne un intero libro su come conservare l’amore degli uomini, su cosa fare e su cosa evitare. Ma non sarebbe bello se la mia ira esplodesse e lui mi amasse di più per questo? Se un uomo mi vedesse amareggiata, non potrei alimentare il suo amore? Se lo sorprendessi e mi comportassi in maniera sgradevole, per i suoi standard, non sarebbe bello litigare e scoprire nuovi lati di noi stessi? Siamo esseri così complessi che non possiamo essere descritti con solo tre aggettivi, tutti positivi.
Zoe Kazan, per il ruolo di Ruby, è stata inizialmente ispirata da un manichino abbandonato. Perché essere un contenitore vuoto da riempire e decorare?
“Io voglio essere un flusso di vita, non una folata di favole” scriveva Sylvia Plath, ed io non potrei che essere più d’accordo.
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