Visionary Days 2021: quanto veloce sarà il futuro? – Cap.1
C’è una luce spenta davanti a noi. Visionary Days è un evento che ogni anno raccoglie oltre 2500 ragazzi da tutta Italia e li spinge al confronto, in modo attivo, sul nostro futuro. Quest’anno ha avuto come tema centrale la velocità, intesa come grandezza fisica che abbraccia, stringe e strappa prepotentemente verso di sé l’avvenire più prossimo, in modo sempre più dirompente. Tale grandezza è stata analizzata passo per passo, una sotto-tematica per volta, prima grazie agli interventi di memorabili ospiti, poi attraverso il dialogo e il confronto attivo fra le migliaia di ragazzi presenti, tra i 16 e i 35 anni.
Ho avuto la fortuna di essere tra loro e, se parlo di fortuna, non è un caso. Ho deciso di condividerla con voi, appassionati lettori di ParolAperta, perché sono sicuro che tra di voi si nascondono mucchi di giovani pieni di speranze, aspettative e attese per il prossimo futuro. E sono altrettanto sicuro che molti tra di voi si sono sentiti soli, quasi abbandonati e avvolti dall’angoscia davanti a queste prospettive. Scoprirete che non è così: faremo insieme sei viaggi, più uno, e vi stupirete voi stessi quando, alla fine di tutto, la luce davanti a voi, improvvisamente, forse, si accenderà.
In questo capitolo, il numero 1, che segue l’introduzione pubblicata come capitolo 0 (se ve lo siete perso potete recuperarlo sul nostro sito), analizzeremo la velocità a cui ci stiamo lanciando nel futuro sotto la lente d’ingrandimento delle due grandi rivoluzioni dei nostri giorni: la possibilità di abbandonare questo mondo per nuovi paradisi extraterrestri e quella di addentrarci sempre più nel complesso universo digitale. Entrambe queste possibilità rappresentano un bisogno dell’uomo attuale: ma fino a che punto questo bisogno resta un’ ulissiana sete di conoscenza e dove, invece, si trasforma in necessità di evasione dal mondo attuale? Proviamo a scoprirlo insieme.
Nel capitolo 0 del nostro viaggio avevamo paragonato i giovani d’oggi a dei detenuti, intrappolati tra le sbarre di Presente e Passato, entità temporali severe e statiche, ferme per sempre a ciò che è stato. In realtà, se analizziamo un po’ meglio la situazione, di noi giovani tutto si può dire tranne di essere statici, fermi o immobili. Da sempre l’idea di giovane è associata al dinamismo: se la tipica serata del ‘vecchio’ ce la figuriamo su un divano a guardare qualche talk show in tv, ecco che quella del ‘giovane’ la vediamo festante, dinamica e impulsiva in qualche discoteca. È così da sempre e la nostra generazione non fa eccezione: talvolta la discoteca può essere sostituita da un piccolo pub, da una gita in auto, o da un piccolo accampamento in riva al mare; ma ciò che sempre troverete in un giovane, quanto meno al suo interno se non lo dimostra esternamente, è il dinamismo. E così, più che immobili e chiusi in una gabbia, ci riscopriamo in moto, in corsa all’interno di uno spazio molto più ampio rispetto alla cella cui facevo riferimento prima. Il problema di fondo, pertanto, non è più lo stare in movimento, piuttosto il motivo che ci spinge ad esserlo: finanche il più classico dei cicli della vita prevede che sia il leone, sia la gazzella facciano una corsetta pressoché ogni giorno. Ma con una sottile differenza: il leone corre per raggiungere una meta, un obiettivo; la gazzella fugge. Ecco, nel quadro della Savana dei nostri tempi la parte del leone la recitano le tre grandi entità temporali: Passato, Presente e Futuro; mentre noi assomigliamo più a delle impaurite gazzelle che scappano via e cercano di correre ogni giorno di più per non rimanerne travolte.
In questo scenario si pongono le grandi rivoluzioni del mondo contemporaneo: la prima, che ci interessa da secoli e millenni, fin da quando guardiamo le stelle, ma che ci riguarda realmente solo da qualche decina di anni, è l’esplorazione extraterrestre; la seconda, più recente ma altrettanto interessante, è la creazione di un sempre più complesso ‘metaverso’ digitale, un universo alternativo governato da leggi matematiche prima che fisiche, che ci pone davanti infiniti nuovi orizzonti possibili. Per quanto le due rivoluzioni siano diverse, per storia, aspetto ed espressione, esse risultano così distanti solo all’apparenza, ad uno sguardo meramente superficiale. In realtà, l’obiettivo che entrambe rappresentano per l’essere umano è lo stesso: tutto ha origine nel desiderio primordiale di conoscenza che da sempre ci caratterizza. Lo stesso che ha portato Pandora a rovesciare il vaso, Icaro a bruciare le ali di cera o Ulisse a puntare al superamento delle colonne d’Ercole. La domanda che ci turba oggi, alla luce della sensazione d’angoscia che ci provoca il sempre più rapido avanzare del futuro, è un’altra: che questo desiderio di conoscenza per ciò che non si sa, non stia, nel tempo, trasformandosi in un desiderio di fuga da ciò che già invece conosciamo ed evidentemente non ci piace più? Forse, entrambi i nuovi paradisi, quello extraterrestre e quello digitale, rappresentano, ad oggi, più dei posti sicuri dove evadere e trovare sollievo, che dei posti che ci spaventano e incuriosiscono allo stesso tempo. Viene da pensare, ancora una volta, che stiamo scappando e che lo stiamo facendo da quella che consideriamo casa nostra.
Ma allora? È sbagliato pensare ad un futuro lontano da quello corrente, che prenda luogo in spazi diversi da quelli attuali? Verrebbe da dire, in termini manzoniani: “ai posteri l’ardua sentenza”. Ma a noi piace sbilanciarci e lo facciamo anche oggi, rispondendo che probabilmente no, non è sbagliato. Da sempre la storia dell’umanità vive di alti e bassi; non c’è ancora oggi un periodo della storia che abbia caratterizzato uno strappo preciso tra ignoranza e cultura, un momento determinato in cui per sempre abbiamo intrapreso a migliorare. E così, a secoli di grandi progressi se ne alternano altri di profondo buio. Neppure le ere di progresso rappresentano sempre dei periodi particolarmente splendidi della nostra esistenza. Ma c’è una costante in tutto questo: da sempre e in qualsiasi momento, tramite i mezzi a nostra disposizione, abbiamo aspirato al nuovo, al non conosciuto, all’allargamento dei nostri spazi. E così abbiamo scoperto le terre inesplorate del nostro mondo, abbiamo riconosciuto costellazioni e pianeti e poi raggiunto la Luna. E così abbiamo inventato mondi ed universi virtuali, in cui ogni scenario è diventato possibile. È nato un modo alternativo di connettere tra di loro gli esseri umani, una via che annulla le distanze fisiche e semmai tiene conto solo di quelle digitali. E progettiamo di raggiungere Marte in un futuro sempre più prossimo. Stiamo annullando, ogni giorno di più, uno dei più grandi limiti della nostra evoluzione: la distanza fisica. Tutto ciò ci deve far riflettere: siamo giunti ad un punto in cui il potenziale nelle nostre mani inizia ad essere bello grosso. E allora ci vuole gestione e prudenza, certamente. Ma non è il momento di fermarsi, no. Come si fa a considerare sbagliata una strada che abbiamo imboccato fin dalle nostre lontanissime origini e che ci ha portato così distanti? C’è semmai, una volta tanto, da imparare dai nostri errori: ogni volta che abbiamo avuto in mano un grande potenziale, ci siamo fatti inebriare dall’avidità di quel potere che esso rappresentava. Uno degli esempi più recenti è la dinamite. Anche oggi non ci stiamo muovendo poi così bene: l’avventura spaziale non ci deve far dimenticare che nulla di antropico potrà mai essere del tutto naturale; bisogna stare altrettanto attenti affinché il metaverso digitale, regno democratico dove tutto è possibile allo stesso modo, non si trasformi in un mondo anarchico in cui tutto è consentito e di libero rimarrebbe ben poco; ancora, cosa più importante, che nessuna di queste grandi rivoluzioni contemporanee ci risucchi completamente sfruttando il nostro desiderio di evasione.
Superiamo questo nostro altro grande limite e avremo in gran parte il futuro nelle nostre, incredibilmente umane, mani.