Siamo stati all’evento del nuovo collettivo made in Roma per scoprire insieme ad artiste e curatrici cosa significa per loro andare “oltre la pelle” coniugato al tema della vulnerabilità.
Nello spazio espositivo – dove sono presenti tutte le artiste – subito un assaggio di interpretazione di Oltre la pelle: siamo a Roma, ma quasi nessuno parla italiano, e allo stesso tempo la comunicazione è più fluente che mai. Le artiste provengono da zone molto differenti: Egitto, Messico, Germania, per citarne alcune, e lo snodo di Roma serve loro per imparare a gestire al meglio la propria arte, farla conoscere e fruttare. Sono infatti qui per un Master in Gestione della cultura e dell’arte.
Quest’ultimo è un aspetto interessante: tutte le artiste hanno alle spalle un percorso accademico universitario importante. Che gli artisti emergenti possano avere un riscontro dal pubblico anche senza essere poeti maledetti? Persone che decidono di impiegare le loro competenze a favore della propria arte; nell’epoca dello studiare per poi essere spremuti finchè possibile dalle grandi aziende è più che lodevole, quasi rivoluzionario.
Il tema della vulnerabilità – ci spiega Greta Baldi, curatrice dell’evento – viene sviluppato in modi totalmente differenti, grazie al ventaglio culturale già citato. L’obiettivo è mostrare la vulnerabilità nel suo aspetto edificante: un incontro collettivo di esperienze dolorose e guarigione attraverso la resilienza.