Milano, donna violenta

In un modo o nell’altro, Milano, da te torno sempre .

Anche se davvero non ti sopporto.

Ho sempre avuto una certa difficoltà ad abbandonare gli amori della mia vita, quelli che abbandonavo, quelli che mi abbandonavano, quelli non ricambiati, quelli grandi, ragionati, quelli passeggeri, quelli vivi solo su carta, quelli che la carta non l’hanno mai vista.

Ho sempre avuto una certa paura ad abbandonare chi ho amato, ma non ho mai avuto il coraggio di tornare, anche quando lo volevo.

Ci sono storie, Milano, che non ho mai voluto riscrivere, perché quello che riscrivi è sempre diverso dall’originale, e le storie dei miei amori, per quanto inseguiti, sofferti, goduti, sono tutte incredibilmente belle per come sono nate.

Ma poi ci sei tu, e io ci sono un po’ meno.

Lo sai tu, e lo so io, quante volte sono scappato, e quante battaglie ho preferito combattere lontano da te, perché con te di mezzo non ne ero capace.

Mi hai detto, una volta, guardandomi negli occhi, che ti ero destinato, come un eroe greco è destinato a una morte gloriosa: che grande lo sarei diventato, sì, ma col solo costo di amarti, arrendendomi a tutto quello che mi chiedevi.

Io ci ho provato, ad amarti, ad assecondare ogni tua richiesta, che vedevo pretesa solo perché nel realizzarla mi sentivo snaturato, ma tu, donna violenta, non ti accontentavi mai, non ti bastavo mai.

Allora mi spingevi in un angolo, urlandomi rabbiosamente quanto non fossi alla tua altezza, che ero solo un bambino, che di crescere non ne voleva sapere nulla, che le porte di casa mia erano sempre aperte se avessi voluto tornarci, che per te non ero necessario.

Gridavi che i miei sogni erano solo parole, che il mio amore erano solo parole, che il mio dolore erano solo parole, e io ad un certo punto non ho più retto.

Ad un certo punto ho deciso di tornare a casa.

In quella casa che mi ha fatto sempre sentire importante, che mi ha sempre riconosciuto qualcosa.

Sono tornato a casa per affrontare gli stessi mostri che affrontavo quando ero con te, senza la paura di essere giudicato.

Mi ha aiutato, tornare a casa: mi ha ricordato che il sole non va pregato, per farsi vedere, che ogni tanto può uscire da solo.

Mi ha ricordato che le ambizioni sono desideri spontanei, non obblighi morali da perseguire morbosamente.

Milano, tu ami male, consumi chi ti valorizza, distruggi chi ti da colore, e forse non sono fatto per te, ma mio malgrado, non riesco a starti lontano.

È sempre difficile fare quella valigia che mi riporta da te, buttarci dentro tutta quella pace che casa mi ha sempre dato, dare le spalle al mare, per finire a mendicare un raggio di luce nel grigiore dei tuoi giochi morbosi.

Da te torno sempre, in un modo o nell’altro.

Torno per guardarti di notte, bella e indiavolata, di tutti e di nessuno, ogni tanto anche mia.

Torno perché ci sono segreti che hai svelato solo a me, mali che soffri e che non hai confessato a nessun altro.

Li custodisco, gelosamente, e non per ritorcerteli contro, come hai sempre fatto con me, e se li custodisci ancora è perché in fondo non hai mai avuto il coraggio di raccontarli.

Ti starò lontano, Milano, anche standoti vicino, perché mi hai consumato troppo per costringermi ad assecondarti ancora.

Posso prometterti, però, che non smetterò mai di guardarti con gli occhi di chi ti ha vista nuda, spoglia della tua rabbia, e comunque ti ha scelto.

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