Le parole che non sono mie

Come tutte le storie che si rispettino anche questa ha un’inizio burrascoso, uno svolgimento particolare e una fine da cui si può trarre qualcosa. Inizia così:

Ho sempre visto alcune parole come non fatte per me. Come tanti vestiti, indumenti non fatti per il mio piccolo corpo, di cui alcuni proprio inadatti alla mia persona, mentre altri non avevano colori adeguati per la mia pelle troppo pallida…
E così dopo tanti anni mi sono convinta che quelle parole non erano adatte a me e basta.
Pensando questo guardavo in giro trovando persone che ci stavano perfettamente in quei vestiti, sfoggiandoli con così tanta naturalezza e i cui colori li aiutavano a risplendere. E invece io continuavo con difficoltà a tentare di adattarmi in altre parole più confortevoli.
Ed ero lì, incastrata in parole, definizioni, contenitori, che mi davano un senso di protezione di cui avevo tanto bisogno.

Come in ogni cosa non ho lasciato stare, ci ho lavorato su, sono riuscita dopo tanto tempo ad entrare in alcuni vestiti durante la crescita; in altri momenti invece, ho lottato per trovarmi delle parole fatte su misura: ho tinto il tessuto di altre sfumature oppure, lavorando da sarta, ho cercato di plasmarli su di me.
Sono arrivata ad un punto in cui il mio cassetto era orgogliosamente pieno di vestiti, eppure privo di quelli tanto agognati, i più belli di tutti.

Poi sei arrivata tu, persona misteriosa, all’improvviso e in silenzio, inconsapevolmente pronta a mettere in discussione tutti i miei pensieri e le mie convinzioni.
A mostrarmi che abbiamo tutti un po’ paura delle parole e che quindi il problema non è solo il mio, che non ero l’unica a non trovare il senso a ciò che provavo, ma che esso ha milioni di altri nomi e corpi oltre ai miei.
E mi hai mostrato che solo per alcune persone meritiamo di metterci i vestiti di parole più belli e bisogna solo avere cura di cercarle, quelle persone, e dar loro tempo di mostrarci il significato della parola che ci cuciranno addosso.

E mentre io volevo urlare, sbattere in faccia al mondo tutto quel mio armadio di parole nuove, con calma mi hai fatto capire che non le devo più immaginare come vestiti. Sempre tu, la mano gentile che mi ha guidata fuori da quel terribile labirinto fittizio.
Che alla fine le parole sono una copertura della realtà, di ciò che siamo veramente, ma non ci caratterizzano in toto, non colgono la nostra vera essenza.

Sono arrivata a non pensarmi e a non pensare nessun altro rinchiuso da vestiti o confini prestabiliti, o come un contenitore tristemente privo di contenuto, ma con tanti orizzonti, tanti angoli e tanti punti di vista, tutti pieni di vita, con parole che non si dispiacciono se le usiamo a modo nostro.

E ora sono qui, umile, a dirti grazie nella forma più pura, senza paroloni o diamanti. Grazie alla mano delicata e gentile, che appartiene a chi anche senza il bisogno di parlare, me lo ha fatto capire.

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