Per anni mi sono sentita inadatta all’amore e alle sue forme. Ci sarà una soluzione giusta per me? Riuscirò ad adattarmi a quel lembo di tessuto cucito lungo i miei contorni, le mie misure, con lacci, nodi e bottoni pensati apposta per me?
Mi sono messa alla ricerca di quel vestito che tutti attorno a me sembravano sempre come indossare, acquistando valore. Ho visto la gente amare ed essere amata, in un’altalena di scambi su cui io non sono mai riuscita a salire per farci un giro.
E così ho intensificato la mia ricerca. Ho cambiato strade, quartieri. Ho comprato nuove mappe che mi insegnassero la strada. Ho indossato nuovi vestiti, tutti diversi. Nessuno mi si adattava.
Allora sono stata io a cercare di adattarmici: ho provato a legare in alto i miei capelli perché una scollatura, seppur umile, potesse evidenziare le mie poche forme. Altre volte mi sono nascosta tra lane autunnali che mangiassero completamente la mia figura, per sentire il mio corpo svanire in uno sfondo. Ma alla fine ho smesso di vedere l’amore come un vestito da indossare, la taglia giusta da trovare, un accessorio che mettesse in luce le parti migliori di me.
Ho smesso di pensarlo così, in questo modo, ma non ho mai smesso di cercarlo; non ho saputo come aspettarlo.
Per tutti gli amori che ho creduto di vivere ho scritto qualcosa.
Ho scritto di Giovanni, di quando mi aveva portato al mare iniziando in me un bocciolo d’amore per la mia terra. Ho scritto di Fabio e di tutte quelle volte che non siamo riusciti a incontrarci, benché fossimo sempre stati a soli pochi passi di distanza. Ho scritto di tutti e regalando loro le mie parole, la parte migliore di me, ho perso me stessa a poco a poco.
Mi sono lasciata a pezzettini in una lettera, in un testo che nessuno avrebbe mai letto.
Mi sono frantumata a parole e ho lasciato loro un pezzo di ciò che era stato mio, perché questo è ciò che io sono. Sono le righe con cui do forma alle cose, quelle frasi che lascio scritte a inchiostro nero da qualche parte, per leggere e capire il mondo secondo schemi tutti miei. Ho abbandonato le mie parole dappertutto, nel tentativo di dare un ordine a ciò che era stato. Ho tentato di imprimere sulla carta il mio amore: la nostra storia così non sarebbe mai potuta scivolare via. Ho cercato di trattenere ciò che non mi apparteneva più e che forse mai mi era appartenuto veramente.
Quante pagine ho sprecato per descrivere l’amore sbagliato.
Me ne sono resa conto in un giorno qualsiasi, quando tutte quelle parole che mi erano care le avevo già date via, tutte o quasi.
È arrivato l’amore, senza avvisare, proprio mentre mi grattavo il naso. Una mattina ha bussato alla mia porta e sull’autobus mi ha pestato un piede, il sinistro. È arrivato come il cambiamento improvviso del tempo e il suo saluto è stato cortese, eppure alquanto spiccio.
Mi sono trovata di fronte qualcuno che ha saputo restituirmi tutte le parole cui avevo tenuto tanto. Qualcuno cui io non avevo mai scritto e che invece, adesso, scriveva per me e a me, adeguandosi a quei sistemi tutti miei che avevo inventato per leggere il mondo; insegnandomi i propri. Qualcuno a cui non avevo mai dovuto spiegare chi e perché fossi: mai mi era stato necessario. Qualcuno con cui prendere le misure, allargare, accorciare, tagliare e cucire non era mai servito a nulla: non era un abito ciò di cui avevo bisogno; era qualcuno che sapesse svestirmi ciò che avrei dovuto cercare e che, seppur senza cercare, avevo avuto la fortuna di trovare. Qualcuno che sapesse vedere le forme oltre i miei veli e che con delicatezza avesse saputo farli cadere in terra, mostrandomi a me stessa tutta nuda, bella come mai.
E queste parole non sono più le mie. Non appartengono a me, ma a chi me le ha restituite togliendosi di bocca le proprie per farmene dono. Appartengono a Federico, a Federico, a Matteo, a Christian e a Giulio. Appartengono ad Andrea, ad Alice, ad Alissa, e anche un po’ ad Alessandra. Perché mi hanno descritto a loro modo e io ho imparato a guardarmi attraverso i loro occhi. E dal loro sguardo ho imparato a riconoscermi bella da vestita, con un abito tutto mio e che solo io posso cucirmi addosso, e bella ancor di più da nuda. Adesso sono loro a leggere qualcosa da me e per me, sono loro che sanno insegnarmi la via.
Quella via che mai avevo trovato altrove, per cui ero stata dappertutto eppure mai in nessun posto. Sono loro quelle indicazioni che seguo adesso, al diavolo ogni mappa e ogni cartina.
4 risposte
le mani che mi svestono è stata una buona lettura,
tempo speso bene,
Quello che mi hai trasmesso?
La tua forza sta nella tua testa,non nel tuo corpo.
in una scollatura un uomo (e anche le donne)
non vedono le forme Ma il portamento
Se sei convinta di te
non devi convincere nessuno
guarda un uomo o una donna negli occhi
e scruta
avrai le tu risposte
Grazie WU
Grazie mille, davvero🙏🏻 spero di trovare quella forza che é nelle mie parole e di riuscire a farla uscire fuori anche nei gesti
Spero tu sappia di aver scritto qualcosa di bellissimo. Di bellissimo e di toccante, che ci riguarda un po’ tutti. La tua storia è stata la mia storia.
Grazie.
Grazie mille a te per avermene reso merito 🙏🏻