Le città delle donne – verso un’urbanistica di genere

Da qualche giorno ho ventotto anni. Da ormai più di dieci anni posso fare tutto: viaggiare senza essere accompagnata, bere, guidare, votare. Per lo Stato Italiano sono adulta, consenziente e capace di giudizio da più di dieci anni. Ma ci sono alcune cose, di cui il mio paese probabilmente non tiene conto, che non mi sento ancora del tutto in grado di fare. O meglio, non mi sento ancora del tutto sicura di fare. Sono certa che se facessi questo discorso a qualsiasi ragazza della mia età, più giovane o molto meno, saprebbe a cosa mi riferisco.

Sto parlando di fare cose normali, come tornare a casa la sera dopo le 22 senza dover fingere di chiamare mio padre o mio fratello al cellulare. Come prendere un mezzo pubblico, di notte, senza il timore di essere osservata, seguita, infastidita, molestata. Come fare la spesa in short e poter mettere l’auto in un parcheggio sotterraneo isolato, senza avere paura di tornare alla macchina, da sola.

Sto parlando di vivere la città come potrebbe farlo Marco, ragazzo cis etero di 32 anni che torna a casa alle tre del mattino dopo un turno al bar, fumandosi una sigaretta e fischiettando la sua canzone preferita. O forse come potrebbe farlo Giorgio, papà di due bambini di cinque e otto anni, che ogni tanto, la notte, ama farsi una corsa nel parco sotto casa, con le cuffie. Una città in cui una donna può fare queste “cose normali” senza alcun tipo di paura, è una città attenta all’urbanistica di genere.

L’urbanistica di genere (molto) in breve

Ne sentiamo parlare tanto ultimamente, ma cosa significa davvero urbanistica di genere? Dare una vera e propria definizione, forse, esce un po’ dai margini delle mie competenze. Ma per semplificarne la spiegazione, posso dire che l’urbanistica di genere pone l’attenzione a tutti quei cittadini in condizioni di minoranza. Non solo donne per cui, ma anche la comunità LGBTQ+, portatori di disabilità, bambini, anziani. L’urbanistica di genere, quindi, dovrebbe porsi come obiettivo la semplificazione della vita per le persone che vivono in una condizione di minoranza fisica e sociale.

Rimaniamo, però, nel contesto femminile, cercando nell’urbanistica di genere una soluzione a quello che oggi, almeno in Italia, è un problema reale per la metà delle donne. Uscire e spostarsi da sole. Gill Valentine, nel 1989, identificava questa difficoltà del sesso femminile di vivere la città al pari di un uomo come “Geografia della paura delle donne”. Io nel 1989 non ero ancora nata, ma da quello che vivo e vedo oggi, sembra che le cose non siano ancora cambiate in meglio. Secondo i dati ISTAT sul Benessere Equo e Sostenibile del 2022, in Italia una donna su due ha paura a uscire da sola la sera. Ci sarebbero tantissimi altri punti su cui concentrarsi per parlare di quanto le città siano più a misura d’uomo che di donna. Pensiamo, per esempio, che nella topografica italiana solo il 3% delle vie, delle strade, dei monumenti pubblici è intitolata a donne. Ma limitandoci a considerare il discorso sicurezza, siamo proprio certe che le città italiane stiano facendo il massimo per rendere la nostra esperienza di vita cittadina sicura?

Città per le donne in Europa

Vienna

Allargando l’obiettivo sull’Europa, per esempio, possiamo fare luce su capitali europee dove l’urbanistica di genere sta diventando finalmente una realtà consolidata. In Austria è stato da poco introdotto il concetto di “gender mainstreaming”, che prevede una quota femminile obbligatoria nei progetti di pianificazione urbana. A Vienna, per esempio, l’intero quartiere di Aspern è stato progettato da architette femministe a seguito di una consultazione delle donne che vivono in quell’area. Il progetto ha tenuto conto delle esigenze delle famiglie in correlazione alle loro abitudini, alla sicurezza, al traffico e alla mobilità. E per non dare nulla per scontato, quasi ogni via è stata intitolata a una donna.

Inoltre, sempre a Vienna, dal 2019 è stata lanciata WOTA (Woman Taxi), un’app di taxi dove solo le donne possono guidare e dove solo donne, o uomini accompagnati da esse, possono essere passeggere. Non per niente l’Austria è nella top ten del rapporto di PRIOResearch e del Women Peace and Security Index delle città più sicure per le donne in Europa.

In Spagna

Troviamo più semplice associare ai paesi del nord Europa una qualità di vita e di sicurezza per la donna molto più alta rispetto a quelli del sud. Ci sono, però, diverse strategie messe in atto dai paesi meridionali che possono smentire questo stereotipo. La Spagna, nonostante sia solo al 21° posto del rapporto citato prima, attua piani che potremmo prendere da subito come esempio. A Madrid, grazie a un network tutto al femminile per la pianificazione urbana, è stata creata una mappa che indica i luoghi safe della città. Un aspetto fondamentale per l’urbanistica di genere. Non solo per rendere più sicure le città per le donne, ma in generale per qualsiasi minoranza o persona che possa trovarsi in difficoltà a muoversi liberamente all’interno di un contesto urbano. Pensiamo a una madre con un passeggino, o a un ragazzo in sedia a rotelle. Conoscere i luoghi in cui la sicurezza, non solo sociale ma anche stradale, è elevata, può essere di enorme aiuto per una quotidianità “normale”.

Per segnalare queste strade sicure il comune di Madrid, in collaborazione con Plan International, ha dato origine a una piattaforma chiamata Free To Be. Qui cittadine e turiste possono indicare quali sono i luoghi considerati a rischio e per quale motivo.

Anche Barcellona è in prima linea per la sicurezza delle donne nelle strade. Oltre a delle mappe interattive simili a quelle di Madrid, il comune si pone come obiettivo di organizzare corsi gratuiti di autodifesa dedicati solo a partecipanti femminili e programmi di formazione per la sicurezza personale.

Gran Bretagna e altri paesi del nord Europa

Come dicevamo prima, i paesi del nord Europa vantano comunque le migliori misure e tecnologie per la sicurezza e per dare vita a delle città per donne e minoranze degne di essere chiamate tali. In Gran Bretagna, dopo un sondaggio Adidas che ha dimostrato che il 92% delle runner non si sentiva al sicuro durante la corsa, il governo si è mobilitato. Ha iniziato con una legge che ha reso il catcalling reato e proseguito finanziando e incrementando un progetto di urbanistica con luci intelligenti e telecamere di sorveglianza. Sono state poi lanciate su tutto il territorio nazionale diverse app di sicurezza personale. Tra queste SafeZone, con cui è possibile richiedere aiuto in caso di emergenza o vulnerabilità a un team locale che si occupa di fornire la giusta assistenza.

In Svezia e Germania sono stati quadruplicati i servizi di sicurezza notturna sui mezzi pubblici, e creati dei punti di incontro di emergenza che vengono aggiornati e comunicati ai cittadini mensilmente attraverso piattaforme online.

E in Italia?

In Italia, per ora, siamo ancora piuttosto indietro sul tema urbanistica di genere. Trovo, però, doveroso e importante segnalare alcune accortezze che possono farci sentire più sicure e sicuri. Oltre le due app principali per la sicurezza in generale, WHERE ARE YOU del 112 e 1522 del centro antiviolenza nazionale, ce ne sono altre. Ho avuto modo di scoprire Wher, dove le donne possono segnalare i percorsi e le strade ritenute da loro più sicure. Scaricandola è possibile anche contribuire alla mappatura della propria città.

Ma l’associazione Donnexstrada fa ancora di più: ti accompagna a casa. Ovunque tu sia, puoi connetterti con l’associazione tramite Instagram e, attraverso le dirette, tornare a casa sentendoti più sicura. Donnexstrada si occupa anche di supporto psicologico e legale. È possibile entrare a far parte della loro community in ogni momento, sia come privati cittadini che come esercizio commerciale. L’associazione, infatti, ha più di quattrocento Punti Viola in tutta Italia, dove persone in difficoltà possono mettersi in contatto con volontari e esperti. Se siete interessati a prendere parte a questo progetto, potete visitare il sito Donnexstrada.it e chiedere informazioni.

Lo spirito femminista che brucia in me mi fa credere che ognuno di noi possa fare la propria parte per rendere le nostre città più sicure. La parte più razionale mi fa anche rendere conto di quanto uno Stato attento e interessato possa fare la differenza. Ragazze, non abbiate paura di chiedere aiuto. Mai. E ragazzi, quando uscite di casa, iniziate a guardarvi intorno con più attenzione. I vostri sguardi possono fare la differenza.

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