L’amore tra i Pensieri

Scrivere d’amore, sentimenti, relazioni, non è mai facile; quantomeno non è facile farlo così espressamente. Vuoi per coinvolgimenti personali, vuoi per forma, vuoi per evitare di ritrovarti tra le mani una love story strappalacrime stile Wattpad e vuoi, ancora, per la tematica in sé e per sé: quando davanti ci appaiono post, articoli, podcast che abbiano a che fare con sentimenti e storie, la tendenza di skipparli con annesso vaffanculo è quasi automatica; poi però, quasi con lo stesso automatismo, ci ritorniamo, perché d’altronde lo si odia ma interessa tutti, l’amore.


Ebbene, Andrea Tundo, il riccio tra gli ideatori di ParolAperta, qualche giorno fa condivide un articolo sulla “violenza della bellezza”, analizzando come questa sia poeticamente magnetica ma – allo stesso tempo – devastante, “capace di rincoglionirci” e di addolorarci con ciò che paradossalmente – ma neanche tanto – ci piace. Alla bellezza, interpretata lato sensu, l’amore non può sfuggire: amore per il sesso, amore per la persona accanto, amore per l’idea della persona accanto, amore per l’idea stessa di amare ed essere amati. Tutto rientra nel bello, ma si tratta di concetti postumi che ponderiamo a seguito di esperienze, sentito dire, letture.

Come e quando nasce, però, questo sentimento? Come ci si accorge della sua decadenza? Come va vissuto, nella fase di condivisione, onde evitarne la fine?


Beh, io non sono di certo un guru dei sentimenti, e questo articolo tutto vuole essere tranne che un surrogato di WikiHow, magnetismopersonale.com, seduzioneattrazione.com e altri siti dal nome virile per uomini e donne di mezza età, capaci di creare esclusivamente degli automi che ragionano secondo i criteri primordiali della donna preda e dell’uomo forte e cacciatore, con tattiche adolescenziali (visualizzo e non rispondo) e concetti di relazione alquanto distorti (se piango mi lascia). Nel provare a rispondere a quelle domande, quindi, non siamo né io né pseudoseduttori online, quanto un matematico e fisico che dopo i numeri ha deciso di abbracciare la filosofia: Blaise Pascal. E lo ha fatto, per l’esattezza, 400 anni fa.

Rilegare l’opera postuma “Pensieri” di Pascal ad un manuale sulle relazioni sentimentali è blasfemia; riflettere sui frammenti 14, 3 e 6 può essere invece salvifico e stimolante. Tre pensieri che, se ordinati come qui riportato, rappresentano l’inizio, la vita e la morte di un sentimento, sottoforma di consigli pragmatici e attualizzabili.

Si inizia con il 14, il quale recita:

“quando un discorso naturale descrive una passione o un suo effetto, troviamo in noi stessi la verità di ciò che ascoltiamo e che non sapevamo di possedere, cosicché siamo portati ad amare colui che ce la fa sentire; infatti questi non ci ha messo sott’occhio il suo, ma il nostro bene, e così questo beneficio ce lo rende amabile, per non parlare del fatto (Ndr) che tale comunanza d’intelligenza che abbiamo con lui necessariamente invoglia il cuore ad amarlo”.


Si tratta probabilmente di individuare qui una delle basi dell’amore: l’ascolto. Elemento, quest’ultimo, che nelle fasi primarie di conoscenza riesce ad indurre addirittura il sentimento stesso. Quando “naturalmente” riusciamo a parlare di una passione (lato sensu), di una cosa con passione o dei suoi effetti su cose terze (es: nostra passione nel ballare), colui o colei che ci ha fatto esprimere e ascolta il nostro ardore sarà con ogni probabilità destinatario del nostro amore; ci sentiamo compresi, non giudicati e soprattutto apprezzati per ciò che si fa e si è davvero. Quale forma più gratificante di un rapporto se non questa? La conseguenza, dunque, sarebbe l’innamoramento, il quale si sviluppa nell’esatto momento in cui ci rendiamo conto che, più di una volta, la persona dall’altra parte antepone – ma senza annullarsi – il nostro bene al suo.

E se ad essere innamorati lo si è in due, il pensiero numero 3 indicherebbe come vivere l’essenza del rapporto:

“quelli che sono abituati a giudicare col sentimento (come istinto, Ndr) non comprendono nulla delle cose nelle quali si deve ragionare, perché vogliono vederci addentro con una sola occhiata e non sono avvezzi a cercare i principi. Quelli invece che sono abituati a ragionare secondo i principi (come razionalità, Ndr) non capiscono nulla delle cose che richiedono il sentimento, perché vi cercano i principi e non possono abbracciarli che con un’occhiata sola”.


Il discorso, qui, è meno articolato del precedente. Si tratta, infatti, di vivere l’esperienza in due mirando all’esatto equilibrio tra passione, istinto, sentimento e ragione, valori, principi teorici. Il perché è abbastanza semplice: come a letto uno schematico Sheldon Cooper porterebbe la nostra libido sottozero, in altri contesti si vuole qualcuno accanto capace di badare a sé, con dei progetti in mente e con dei valori che ricalchino gli altri motivi per i quali ci siamo innamorati. Oltre ciò, si rinviene quello che è un invito a guardare le cose mai con “un’occhiata sola”, ma con una visione di insieme che tenga conto sia del sentimento che della razionalità, senza annullare completamente l’uno o l’altro (sarebbe d’altronde impossibile): è il caso di una discussione con movente geloso dove la mente è offuscata, non permettendo di individuare la verità delle cose. Allo stesso tempo, sul lato dei principi (intesi come fredda razionalità) è il caso della persona che dinnanzi alle difficoltà dell’altro tutto fa tranne che vederne le sfaccettature, quanto razionalizzarne i suoi elementi emozionali sminuendone la portata personale e sentimentale. Il modus agendi sarebbe, quindi, quello di vivere l’altro conoscendolo per davvero, una conoscenza che può svilupparsi solo con certa conversazione e che, nel vivere quotidiano, riesca a fornire equilibrio senza visioni unidirezionali (spesso quasi sempre negative).

Si è accennato alla conversazione, elemento che, nel pensiero numero 6, è in grado di porsi in un certo dualismo:

“come si guasta la mente, così si guasta il sentimento. La mente e il sentimento si formano con le conversazioni e con le conversazioni si guastano. Così le buone o le cattive conversazioni li formano o li guastano. Dunque importa innanzi tutto saper scegliere bene per formarselo (il sentimento, Ndr) e non guastarselo; e questa scelta è impossibile se la mente non è già formata e per niente corrotta”.


I sentimenti, in linea all’ascolto citato nel pensiero 14, si formano con le buone conversazioni, con l’interazione libera e naturale con l’altro ma, se le conversazioni cono cattive, il sentimento perde di intensità. È la base, d’altronde, che segna la fine di un rapporto interpersonale: una serie di conversazioni negative porta, inevitabilmente, all’estinzione del sentimento o quantomeno a guardarlo con occhi diversi. In ottica di sviluppo sentimentale, quindi, la strada da percorrere sarebbe quella di “saper scegliere bene” l’altro, scelta che risulta impossibile se ci si muove con una mente “non formata” e “corrotta” (da pregiudizi, mancanza di equilibrio, riconoscimento del proprio io e stabilità interiore); potremmo racchiudere ciò nel diffuso concetto che “prima di stare con gli altri devi stare bene con te stesso”.

Ho usato il condizionale. L’ho fatto spesso. Come accennato agli inizi, questo non è un articolo-guida, non è una risposta ai come fare, a quando fare e al perché fare. Si tratta, invece, di riflessioni mosse dalla lettura dell’opera pascaliana, applicandole alla sfera sentimentale con ipotetiche tracce da perseguire per un rapporto più stimolante, vivo, puro possibile. Ma Pascal nasce matematico e l’impronta di fornire teoremi è tipicamente di quest’area. La verità è che, finanche filosofi nati filosofi, sono impediti dinnanzi alla “violenza dell’amore” (parafrasando Andrea), proprio per una risposta del medesimo Pascal: “il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce”. Possiamo provare a farlo, tenendo comunque conto dell’amor proprio e di elementi oggettivamente tossici, ma ovvio è che non esisterà mai una vera guida su come conquistare qualcuno, un manuale su come reagire quando si è impulsivi o troppo metodici, non esisterà mai teorema in grado di spiegare perché proprio quella persona ci suscita devastante attrazione. Ed è bello così. Lo stesso Pascal parla di “inutile curiosità”, nei confronti dell’uomo che si sforza di rispondere a tutto; tutto non si può conoscere, di conseguenza trovarne risposte è inconcepibile. E, proprio per questo, alla domanda “perché ti piace?” altro non riusciremmo a dire se non “boh” con un sorriso meravigliosamente imbambolato.

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