L’amica ritrovata (in me stessa)

Sola in mezzo a gente. Sola con lei. Sola con i miei pensieri. Ma lei non era sola.

Ero dolorante ovunque, perché mi veniva lasciata poca aria per respirare. 

Volevo andare a casa di un’amica a vedere un film ma è saltato. Lei mi ha detto di essere più felice così.

Volevo vedermi con quel ragazzo con cui ci scambiavamo occhiate e sguardi dolci. Ma lei ha deciso di prenderlo al posto mio, aveva detto con aggressività che guardava solo lei, e io, mi sono fatta da parte.

Io iniziavo ad aprirmi agli altri, con la spontaneità e la gentilezza che ho imparato far parte di me, e lei pianse perché mi stavo allontanando da lei.

Volevo andare in giro per la mia città con felicità, ma lei era lì, e non mi permetteva di essere felice se non con lei, ma io non ero felice con lei…

Che poi la felicità è strana, soprattutto quando ne parlavo con lei, che aveva un concetto tanto lontano dal mio.

Che anche l’amicizia lo è, ma gli altri mi dicevano che non dovrebbe fare così male, e io un tempo ci credevo, ma sentivo tutti gli angoli della mia camera franare su di me, che ero dovuta diventare nemica di me stessa per essere amica sua.

Iniziai a scavarmi da sola una buca del dolore, in cui non ero capita ma dovevo capirla.

Iniziai a nascondermi dentro me stessa, perché non potevo fare altro.

Volevo aiutarla ma non si faceva aiutare.

Volevo aiutarmi solo io tra le due ma non mi facevo aiutare.

La mia amicizia non mi faceva avere tempo per me stessa.

La mia amicizia era gelosa dei miei successi.

La mia amicizia mi ha obbligato a scusarmi per cose che non meritavano scuse.

La mia amicizia era piena di aggressività.

La mia amicizia utilizzava frasi manipolatorie.

La mia amicizia non accettava che fossi diversa dall’immagine che mi aveva dato e mi faceva dubitare di me stessa.

La mia amicizia mi rendeva nervosa e cattiva.

La mia amicizia arrivò a dire che non potevo essere mai apprezzata da nessuno se non da lei.

La mia amicizia non era amicizia.

Ma ho sempre sentito tanto romanticizzare le relazioni e l’amicizia, ma mi chiedo: fino a che punto è giusto sgretolarsi, perdersi, non riconoscersi più, per qualcun altro?

Passarono gli anni e iniziai a guarire da questo strazio.

Feci la cosa che più mi spaventava: chiesi aiuto, e fu l’inizio della mia guarigione.

E feci la cosa che più la spaventava: mi allontanai, e ritrovai me stessa, anche se ferita.

Ma nonostante ciò ero così triste all’idea di relazioni umane, perché il mio più lampante esempio mi aveva distrutta psicologicamente, che con tantissima forza dovetti uscire dal mio confortevole guscio piano piano, con cautela, con la paura di soffrire di nuovo.

E ho sofferto, ma per altro.

Per chi non usava la stessa gentilezza con me.

Per chi non voleva passare del tempo con me.

Per chi non ascoltava e non capiva le mie esigenze anche dopo avergliele dette.

Ma nessuna di queste mi ha tolto qualcosa, ma ha solo aggiunto. 

E ora penso a quanto son cresciuta, a quante belle relazioni ho, a quanto non mi lascerei più cadere in situazioni così tossiche.

Certe cose non devono fare così male.

A quell’amicizia che mi stava togliendo tutto auguro di essere felice, di curarsi, di vivere al meglio, ma lontana da me.

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