A chi non è capitato, per curiosità, per noia o solo per studio, di andare a scoprire la vita
dei personaggi, degli artisti: nel mio caso, dei musicisti, e di restare letteralmente sconvolti da quello che queste persone hanno vissuto. Talvolta mi pervade il desiderio di provare sulla mia pelle le stesse, sconcertanti emozioni, dolori e i sentimenti che li hanno
attraversati.
Ecco, quando ho letto la storia di Eleonora Fagan, in arte “Billie Holiday”, ho provato
sconcerto misurando il dolore che questa grande donna aveva subito e che si era
procurato, ma ancora di più mi ha sconvolto ascoltarne le canzoni e sentir riaffiorare quello stesso dolore, misto allo swing e al blues. Billie Holiday ci ha consegnato il racconto della sua vita intessendolo nella musica, in un testo che non si legge, ma che si prova, e che ci penetra profondamente, restituendoci emozioni vivide. È nei suoi dischi il racconto della sua vita, del suo dolore, dei suoi amori e della sua vergogna, della sua amarezza e della sua anima, e per questo le mie parole saranno inframmezzate e cadenzate dai suoi testi e dalle sue note. Saranno anzi i suoi testi a guidare questo mio racconto, e di volta in volta i link dei brani consentiranno di accedervi direttamente.
Un suggerimento: si tratta di un esperienza da vivere in completa solitudine, evitando
qualsiasi tipo di distrazione…
Strange Fruitè forse uno dei brani che più rispecchia la storia di Billie e dei neri americani. Scritta da Abel Meerpol e cantata per la prima volta da Billie nel 1939 al Cafè Society di New York, la canzone denuncia i linciaggi dei neri nel Sud degli Stati Uniti: gli strani frutti sono metafora dei corpi straziati, che venivano lasciati a penzolare dagli alberi. Billie nella sua vita aveva più volte
sperimentato sulla propria pelle il razzismo: quando era ancora sconosciuta, una volta era stata costretta, in un hotel di New York (per ironia chiamato con il nome di Abramo Lincoln ), a servirsi del montacarichi invece che dell’ascensore
(EN)
«Southern trees bear a strange fruit,
blood on the leaves and blood at the root,
black body swinging in the Southern breeze,
strange fruit hanging from the poplar trees.»
(IT)
«Gli alberi del sud danno uno strano frutto,
sangue sulle foglie e sangue sulle radici,
un corpo nero dondola nella brezza del sud,
strano frutto appeso agli alberi di pioppo.»
Ogni parola sembra pesare come ciascuno di quei corpi, la melodia straziante, avvolta da lunghi respiri che scandiscono la misura del dolore.
https://www.youtube.com/watch?v=Web007rzSOI
My Man, un brano di origine europea (precisamente francese) racconta l’ amore intenso e
totalizzante di una donna per il suo uomo, che pure la picchia, la tradisce, la umilia. Il sentimento
dell’amore è indagato in profondità e nei suoi contraddittori aspetti, dando al testo una sorta di
policromia:
It cost me a lot Cold or wet
Mi è costato un sacco Freddo e umido
But there’s one thing that I’ve got Tired, you bet
Ma c’è una cosa che ho Stanco, scommetti?
It’s my man All of this I’ll soon forget
Con il mio uomo Tutto questo mi dimenticherò presto
Inizialmentel testo nel inizio sembra una normale canzone d’amore, ma già dopo la terza strofa,
avviene un cambiamento
Two or three girls I don’t know why I should
Due o tre ragazze Io non so perché dovrei
Has he He isn’t true
Lui ha lui non è vero
That he likes as well as me He beats me, too
Che a lui piacciono, Lui mi picchia, troppo
quanto i piaccio a lui What can I do?
But I love him Cosa posso fare?
Ma io lo amo
La voce di Billie diventa più rabbiosa, cala e si abbandona leggermente. Il punto più sconcertante
ma ancor più affascinante è quello in cui canta, “ I don’t know why I should, he isnt true, he beats
me, too…”.
Il brano termina così:
What’s the difference if I say
Qual è la differenza se dico
I’ll go away
Vado via
When I know I’ll come back
Quando so che tornerò
On my knees someday
In ginocchio un giorno
For whatever my man is
Per qualunque cosa il mio uomo è
I’m his forevermore
Sono il suo eterno
Nel finale Billie canta della donna dei suoi tempi, dei tempi precedenti, europea e oltre oceano;
grida di una donna indifesa e soggetta ad una società maschilista dove ribellarsi non era
concesso.
https://www.youtube.com/watch?v=IQlehVpcAes
Billie muore all’ età di 44 anni il 17 Luglio 1959, passò gli ultimi giorni della sua vita al Metropolitan
Hospital di New York , durante la sua permanenza in ospedale era stata dichiarata in arresto (per la
seconda volta) per possesso e uso di stupefacenti; c’era addirittura un poliziotto a sorvegliarla, sull’uscio della camera quando morì. Dopo la sua morte la sua vicenda umana venne rievocata, Billie; una
donna difficile, infelice, dai modi bruschi e violenti, ma sopratutto una donna dall’inimitabile modo di cantare, una delle più grandi cantanti Jazz.
A rivelare il segreto del suo modo di cantare fu lei stessa dicendo, “Io non mi figuro di cantare. Io
mi sento come se suonassi uno strumento a fiato. Cerco d’improvvisare come Les Young, come
Louis Armstrong, o qualcun altro che ammiro. Quello che esce fuori è ciò che sento. Non mi va di
cantare una canzone così com’è. Devo cambiarla alla mia maniera. E’ tutto quello che so”
Billie Holiday donna del blues, canta la vita…
Emiliano Roca
Una risposta
Bell’articolo su una Grande donna. Un Pezzo di Storia.
Il suo modo unico di fare Arte è stata la risposta migliore ad ogni violenza e ad ogni sopruso subito nella sua vita.
Chi ha deciso di fare della Musica il proprio lavoro, non può ignorare questo grande insegnamento.
Se vuoi essere qualcosa di più di un perfetto esecutore e vuoi trasmettere qualcosa di Vero, devi assolutamente attingere da ciò che sgorga dalle ferite della tua anima.