La ricreazione è finita – Dario Ferrari

“Alle volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane”

Marcello è un fresco trentenne laureato in lettere che vince un’ insperata e salvifica borsa di dottorato all’Università di Pisa. Catapultato in quell’ossimorico purgatorio dantesco che è l’accademia italiana, fatta di lodi e brutalità, cinismi e non detti, si ritroverà a sviluppare un’ inaspettata intimità con la figura di Tito Sella, suo autore di riferimento per la tesi, nonché scapestrato protagonista della lotta armata durante gli anni di piombo assieme alla brigata dei Ravachol.

A Marcello l’infausto compito di addentrarsi nella produzione letteraria del deperito Tito, per ricavarne una tesi di dottorato e magari, chissà, anche un nuovo compagno di solitudine.

Il libro di Ferrari è una splendida sintesi di hegeliana memoria, un dialogo tra il senso di incompletezza di Marcello, scandito da promesse mancate, relazioni trascinate e nebbia di provincia e la fame d’azione di Tito che lo spinge ad amare, a risolvere , a tempo perso anche a fare la rivoluzione. Due opposti così netti e speculari segnati dallo stesso universale desiderio di compiutezza, realizzazione e realtà; da perseguire con ogni mezzo: violento, letterale o sentimentale che sia.

Il tema è quello dei trent’anni come attimo, il momento in cui l’agire può diventare fede o restare simulacro:

Alla fine Tito aveva capito, il pericolo che aveva corso per tutta la vita era precisamente quello: l’indifferenza, l’imparzialità, l’incapacità di schierarsi”.

I Trent’anni in cui tutto può ancora cambiare, anche se prima nulla è mai cambiato. I trent’anni delle P-38 e dei joystick della Play. I trent’anni del dottorato a Parigi e della macchia nelle campagne. I trent’anni dell’innamoramento e dell’amore.

Dalla trincea di correttezza del mondo universitario fino alla sregolata lotta armata nelle cascine toscane, Ferrari tende un filo invisibile fatto di ironia e sentimento, disillusione e speranza, sogni e lotta; unendo lo sguardo di due giovani uomini che ancora credono la vita stia nell’esplosione del proiettile e non nel silenzio, gelido, che segue inesorabile ogni colpo di pistola.

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