Sono io o è il mondo intorno a me ad essere così vuoto, deludente e superficiale?
Un pensiero mi risuona nella mente: la realtà non è altro che l’insieme dei limiti che le abbiamo imposto. Quand’è che ho iniziato a dare tutto per scontato?
Chiamiamo folle colui che non agisce secondo le norme sociali vigenti e stabilite dalla maggioranza, eppure io considero più folle chi si alza la mattina e considera ogni giorno uguale all’altro, senza perseguire qualcosa di più grande e svolgendo i compiti che gli sono stati assegnati, forse neanche al massimo delle sue potenzialità. Trovo perciò maggiormente corretto asserire che folle è colui il quale non segue le norme di comportamento sociale ideali e non esclusivamente quelle reali.
Affermavo spesso che la realtà non fosse un film, per rispondere alle persone che consideravo troppo irrealistiche. Credevo che il cinema o il teatro significassero recitare, eppure c’è più verità in un’ora di film, c’è più vita in un’ora di teatro. Magari abbiamo bisogno di queste due arti per capire o ricordarci che la realtà non basta e che spesso è anche deludente.
“L’arte è la confessione che la vita non basta” diceva Pessoa.
Quante emozioni che non conosco e vorrei provare, esperienze che vorrei fare e posti che vorrei guardare. Quante cose sono proibite, quante cose impossibili e irrealistiche, eppure che desidero. Fino a che punto i giudizi altrui hanno diritto d’essere ascoltati? Questi dubbi a volte non mi fanno dormire la notte.
Quando ho smesso di stupirmi ed emozionarmi contemplando la bellezza di un fiore o ascoltando la notizia della nascita di una nuova vita? A che età ho iniziato a muovermi verso l’oblio? È successo quando ho smesso di stupirmi e fermarmi a guardare la bellezza che ho davanti agli occhi.
C’è un quadro appena varcata la porta di casa mia, sulla destra, per 17 anni l’ho visto, ogni giorno, ma mai mi sono veramente fermato a guardarlo. Oggi l’ho fatto: rappresenta una landa desolata, un lago in mezzo alla natura e una casetta sulla destra. Da lontano si vedono le montagne innevate. Immagino di essere nel quadro e improvvisamente mi sento libero. Sento il tepore del sole sulla mia pelle, il suono degli uccelli, il profumo dei fiori e il freddo delle montagne al di là delle nubi. Sento l’erbetta sotto i miei piedi.
Mi sono lasciato corrompere da una società che insegna a usare il proprio tempo per pensare ad occuparsi delle “cose importanti”
Il tempo, vorrei che si fermasse, lo sento scivolare via tra le dita. Mi sembra di rimandare ogni giorno la mia vita a domani, senza mai sapere quando inizierò veramente a vivere.
Il mio invito è quello di guardare, smettere di vedere, ma fermarsi a guardare, con gli occhi di un bambino, come se tutto fosse nuovo, come se fosse la prima volta, per poi accorgersi dopo anni, che il mondo non lo abbiamo mai visto veramente. La natura che ci circonda, quadri o piccole sculture nella nostra casa, libri abbandonati sugli scaffali che racchiudono così tanta bellezza, mondi che aspettano di essere scoperti ma che sono nascosti in quelle pagine avvolte da una copertina impolverata. Penso ci sia un modo di fermare il tempo: accorgersi che non esiste.
Torno alla “realtà” e mi rendo conto che probabilmente ci saranno persone che rideranno delle mie parole, ma penso: l’illuso sono veramente io, o loro?