Si alzano le temperature in tutta Italia in questo caldo Aprile, peccato che, a generare questo clima bollente, non sia solamente l’avvento della primavera, ma soprattutto delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno.
Il tema che ha causato il maggiore clamore negli ultimi giorni, è stato quello della “par condicio”. Con queste due parole, non si vuole solamente sfoggiare una tradizione latina, ma indicare le condizioni di parità di accesso ai mezzi di informazione che deve essere rispettata nei riguardi di ogni formazione politica. Non si tratta di un costume o di una vecchia usanza, ma è la legge 28 del 2000 a stabilirlo.
La norma, che è quella attualmente vigente, impone alle emittenti radiotelevisive di assicurare imparzialità ed equità a tutti i soggetti politici. Già Berlusconi criticò questa legge, perché riteneva che non a tutti dovesse spettare spazio in egual modo, ma che dovesse essere proporzionato alla rappresentatività di ogni partito, evidentemente perdendosi il fulcro della par condicio, ovvero evitare la compressione della voce dell’opposizione. Sebbene lui tramite Mediaset avesse trovato le proprie escamotage, non era riuscito a ottenere una modifica.
Beh, sicuramente starà sorridendo soddisfatto oggi, perché nella commissione bicamerale di vigilanza Rai è stato approvato un nuovo emendamento proposto dalla maggioranza di governo.
Infatti i programmi di informazione dovranno lasciare spazio alla vaghissima “necessità di garantire una puntuale informazione sulle attività istituzionali e governative”. Di fatto, significa nessun vincolo di tempo per chi parla della propria attività istituzionale all’interno delle trasmissioni, ovviamente favorendo chi detiene ruoli al governo, poiché si tratta della loro attività in questo caso.
Per le reti private, il testo approvato tramite l’Agcom è rimasto invece sostanzialmente invariato, creando una situazione contraddittoria tra le diverse reti.
Vicenda che ha portato anche i sindacati Rai a farsi sentire, attraverso la lettura di un comunicato nei vari telegiornali in cui si nega la volontà di diventare il “megafono” del governo. Sicuramente l’impianto normativo della “par condicio”, va riformato, avendo ormai un quarto di secolo e risultando più che obsoleto.
Tuttavia, questa risulta una delle vie piu pericolose che si potesse percorrere dal punto di vista politico, considerando già la maggioranza netta presente in parlamento e nella formazione dell’esecutivo di una parte delle forze politiche. Di fatto, di pari condizioni e di protezione dell’opposizione rischia di rimanere sempre meno.