Bambini e bambine, adesso vi racconto una favola: il protagonista di questa storia si chiama Francesco Principato, meglio noto come Franchino.
Il DJ, ma anche vocalist e più in generale artista, in questione nacque in Sicilia nel 1953, proprio come me e parte di voi lettori che vi state addentrando nel mondo di Franchino.
In tenera età decide di abbandonare la sua amata terra sicula in Toscana, dove conduce due vite parallele: di giorno fa il parrucchiere, mentre la notte fa il DJ.
Sembrano mondi opposti, lavori antiteci, in cui però riuscì a distinguere un punto di contatto, la parola: Franchino, infatti, per tranquillizzare i bambini durante il taglio e farli restare fermi sulla sedia, raccontava delle favole; allo stesso modo, durante i suoi show notturni, non si limitava a mettere musica, ma narrava delle brevi fiabe al pubblico.
Alcuni punti in comune, apparentemente oscuri, sono sempre ravvisabili: non credete?
Di fatti, è proprio grazie alla parola, alla sua capacità di dialogo universale, al suo approccio alla vita e verso l’altro, che Franchino inizia a farsi strada nel campo della musica elettronica, senza avere minimamente l’idea di diventare uno delle più importanti figure della nightlife italiana, fino addirittura a creare la figura del vocalist.
Partendo dalla lontana Sicilia, Francesco riuscì ad affermarsi, suonando in alcune delle discoteche più importanti d’Italia, come l’Imperiale di Pisa e l’Insomnia di Ponsacco, e soprattutto ad attraversare trasversalmente generazioni, appassionando genitori e figli indistintamente.
La musica come espressione dell’arte riesce ad unire e a carpire universalmente l’attenzione di migliaia di ragazzi tra di loro diversi, con interessi e culture differenti.
Tutto parte dalle fiabe raccontate da Franchino ai bambini mentre tagliava loro i capelli.
Mi stupisco e spero che vi stupiate anche voi di come questo sia un lampante esempio della parola che crea, unisce e raggiunge l’impensabile.
Infatti fu proprio grazie all’uso della parola che Franchino, quando era solo Francesco Principato, venne chiamato dai più importanti personaggi del mondo della musica per ‘intrattenere’ durante la serata e raccontare storie al pubblico, affinché potesse farlo sentire vivo.
Sì, vivo, perché la parola regala vita senza chiedere nulla in cambio.
Il talento di Franchino era tale da permettergli di essere inviato in qualsiasi discoteca d’Italia dove si suoni musica elettronica: tutto grazie al logos, alla sua capacità espositiva, che dilettava il pubblico spezzando i momenti morti, rendendo le serate esperienze tout-court.
Fu proprio grazie a queste performance di Franchino che nacque il ruolo del ‘vocalist’ in Italia, indispensabile nella maggior parte degli eventi musicali odierni.
Ma per Franchino la sua musica é ‘magia’, é qualcosa di sovrannaturale, irrazionale, qualcosa che deve fare emozionare, intrattenere, unire, vivere, e proprio quest’amore, che arrivava fino alla venerazione, che gli permise di diventare immortale.
Insomma: musica, parola, emozioni, vita, arte, magia -un breve riassunto in sei parole per qualche lettore poco accorto- ma in tutto questo: che funzione hanno per noi le parole nella musica? Franchino sosteneva, quando era ancora in vita che il ruolo del vocalist è quello di “amalgamare la musica con le parole” e di “raccontare una filosofia di vita e di musica”.
In quest’affermazione mi colpisce molto la parola ‘‘raccontare’’; non intrattenere, comunicare, dialogare ma ‘raccontare’ che ha un suo significato.
Quindi mi e vi chiedo: si può raccontare tramite la musica? Con quale peso le parole nella musica hanno la capacità di raccontare? Fino a che profondità intellettuale raccontano?
Personalmente, amo raccontare ed ascoltare: che sia una fiaba, una storiella da bar, una coinvolgente lezione universitaria o un mero punto di vista altrui poco importa, perché la parola é vita e senza parola non c’è vita.
Credo che il semplice ‘racconto di qualcosa’ é il più veloce ed efficiente veicolo di messaggi di qualunque tipo.
Il racconto nella musica elettronica ha un valore in più, un plus: unisce l’universalità della musica elettronica alla parola, una parola che va bene e può essere ascoltata provocando piacere in tutti. Ha le potenzialità di raggiungere una platea ampissima di ascoltatori, di entrare nelle loro vite, di prenderne parte per delle ore , per moltissime: circa 12 sono le ore continuative in cui Franchino lavorava senza sosta, ci e vi forniva un pezzo della sua storia, del suo racconto e della sua vita. La sua voce, le parole che uscivano dalla sua bocca erano come Virgilio per Dante nei confronti dei clubbers.
Quindi, adesso vi convincete che tutto questo sia pura magia? È davvero magico e per me molto toccante come la voce di Franchino parte da una piccola cittadina vicino Messina, per poi spostarsi nel Nord-Italia, Spagna, Nord-America, Sud-America, Giappone per poi spegnersi a Milano nel Maggio del 2024.
La voce si spegne, la sua parola tutt’oggi rimane viva completamente intatta dalle rivoluzioni generazionali. La parola, la sua parola é universale, é accetta dovunque, attrae chiunque.
La parola é forza e linfa vitale per alcuni come la bellissima favola di Franchino dimostra.