ParolAperta rappresenta fin dalla sua nascita uno spazio libero e aperto in cui potersi confrontare e questo è il motivo per cui, orgogliosamente, ne faccio parte. In un’era in cui i giornali sono spesso schierati politicamente e l’informazione sembra essere sempre più “a senso unico”, il poter fornire diverse prospettive e punti di vista su un tema è bello e arricchente. Approfitto perciò di questa libertà per esprimere il mio pensiero circa l’articolo pubblicato sulla nostra piattaforma in data 24 Aprile 2024 dal titolo “Il Governo vuole fare della Rai il suo megafono (?)”.
Lo faccio perché credo che, su questo tema, si stia facendo un’ingiusta campagna mistificatoria che l’informazione “veloce” e spesso superficiale dei social network sta alimentando. Perché, consultando gli atti parlamentari, si comprende che occorre approfondire l’argomento scavando oltre le dichiarazioni di esponenti dell’opposizione (naturalmente schierati) e gli articoli di blog e giornali (troppo spesso schierati) per comprendere ciò che realmente è accaduto. Nell’articolo in questione ci si chiede se il Governo Italiano “voglia fare della Rai il suo megafono” sulla base dell’approvazione di un emendamento che regola la par condicio nell’ottica di garantire quella che, per l’autore, è una “vaghissima” necessità di garantire una puntuale informazione sulle attività istituzionali e governative. Un emendamento che, personalmente, non mi scandalizza ritenendo corretta la salvaguardia del principio della “notiziabilità” giornalistica, che a tutti gli effetti esula rispetto all’esposizione di opinioni e valutazioni politico-elettorali, di cui tutte le forze politiche invece gioveranno.
Un emendamento che è anche stato aspramente criticato dalle opposizioni che, in favore di telecamera, gridano all’allarme democratico. Le stesse opposizioni che però omettono di dire di aver votato quest’emendamento della maggioranza in Commissione Vigilanza Rai: e già questo fa comprendere come la narrazione sul tema sia distante da ciò che è avvenuto in Aula. E non poteva essere altrimenti, considerando il fatto che l’emendamento approvato ricalca quanto stabilito all’epoca del governo Conte I nella delibera per le elezioni europee del 2019 votata dall’allora partito di maggioranza, il Movimento Cinquestelle. Per cui, di fatto, le regole sulla par condicio restano le medesime approvate in occasione delle più recenti europee: le stesse regole, dunque, varranno per lo stesso tipo di elezioni (quelle che celebreremo da qui a breve).
Di fatti, l’AGCOM, principale autorità che tutela il pluralismo e le libertà fondamentali dei cittadini nel settore delle telecomunicazioni, dell’editoria, dei mezzi di comunicazione (che è indipendente e certamente non risponde al Governo) ha dichiarato che le norme approvate sono uniformi e invariate, ai sensi della legge n. 28 del 2000. Su questo emendamento si è dunque montato un enorme caso mediatico che però si schianta contro la realtà dei fatti. Un caso alimentato strumentalmente dai giornali e dai partiti di opposizione che in Aula votano in un modo e fuori dall’aula dichiarano l’opposto, ergendosi a paladini della libertà di stampa. Peccato che questi stessi sedicenti paladini che oggi ci spiegano che chi governa vorrebbe controllare la stampa, – oltre a essere incoerenti con i loro voti in Commissione – dimenticano che, quando erano loro al Governo, attaccavano l’opposizione senza contraddittorio e a reti unificate ed estromettevano l’unico partito di opposizione dai vertici della Rai (per citare alcuni esempi). Dei metodi che sanno tanto di un Governo “che vuole fare della Rai il suo megafono”, e che erano adottati nell’indifferenza generale. Oggi però si riscoprono difensori del pluralismo per ragioni meramente politiche, accusando l’attuale Governo di voler rendere la Rai un “organo di partito”, la famigerata “TeleMeloni”.
Io ritengo estremamente positivo esprimere le proprie idee sull’emendamento, che si può ritenere giusto o meno giusto, ma preferirei che le discussione fosse nel merito del provvedimento, e non venisse invece declassata ad accuse tra parti politiche a chi più vuole controllare l’informazione. Perché chi, di fronte a ciò che fa il Governo, oggi si straccia le vesti in difesa della libertà di stampa, ieri faceva anche peggio senza che nessuno gridasse allo scandalo. Per cui ben venga il confronto, ma occhio alle informazioni che circolano in rete.