Elogio alla lentezza

Ebbene sì, nell’epoca della velocità, degli emoticon che riassumono stati d’animo, di sticker che possono essere spiegati con un minimo di una decina parole, in quella che è stata definita dal celebre sociologo Bauman “La società liquida” le cui relazioni sono liquide, veloci, che si staccano facilmente, una società in cui vengono preferiti i piaceri effimeri a quelli duraturi, ho deciso di scrivere un’eulogia alla lentezza.
Non credo di avere doti particolari, sono solo estremamente curiosa, ho fatto tante cose molto diverse nella mia (fino ad ora breve) vita, tutte con una grande costante: la lentezza.
Non mi sono guadagnata il titolo affettuoso di “vecchio Diesel” da mio padre a caso, ho bisogno di tanto tempo per abituarmi alle nuove situazioni, a come interfacciarmi con cose che non rientrano dei miei schemi prestabiliti. Quando ingrano sono più veloce (di poco), però in generale ho bisogno di tempo.

Il tempo è qualcosa di meraviglioso, lo penso e l’ho sempre pensato. È la cosa migliore che puoi donare a qualcuno o qualcosa, perché nessuno te lo restituirà indietro ed è una nostra preziosa scelta quella di decidere a “chi” o “cosa” donarlo.
Un grande scrittore famoso per i bambini e i non più bambini, Antoine de Saint-Exupéry scrisse: “E’ il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante” e per me è esattamente così. Ci vuole tempo per coltivare le relazioni e interessi, tempo che li eleva nelle nostre priorità.

È successo che ho deciso di donare il tempo ad alcune persone, ma a pochi eletti ancora di più. Perché ne valeva la pena.
Dopo tanto tempo ho deciso di non ragionare in termini di “cosa vuole la gente da me?” o “cosa dovrei fare per fare contento qualcuno?” ma “faccio ciò per cui ne vale la pena”, da quel momento in poi, non mi sono mai più pentita delle mie azioni.
E succede che ci sono dei caratteri più “organizzativi” degli altri (me compresa), che passano tempo a fare piani su piani, per non esaurirsi e per riuscire ad incastrare il tutto e per avere delle “certezze”, mentre altri caratteri si godono la giornata, con piani a breve termine e la speranza di stare bene e di divertirsi.
E succede che non sempre va così.
Succede che per cause esterne, gli occhi della persona che brillavano di gioia pensando al futuro diventano spenti pensando al triste e pesante presente.
Succede che tutta quell’ansia di studiare, laurearsi, trovare un lavoro, una famiglia, di realizzarsi, di trovare quel bellissimo equilibrio programmato, sembra così lontana ed è prepotentemente cacciata dall’ansia di trovare un equilibrio momentaneo ed effimero, in mezzo al delirio.
Succede che tutte le tappe logiche, personali, tutti quei desideri, tutta quella vita, fatta a pennello per la persona che la pensa, viene rimandata e messa in discussione da problemi in cui ci sentiamo inevitabilmente vittime, impotenti, passivi contro un qualcosa che dovrebbe essere vissuto…

Quando succedono certe cose, non “richieste”, inaspettate, pesanti, non trovo quasi il tempo per metabolizzare.
Vorrei fare qualcosa ma non so cosa.
Nel mio immaginario taglierei il tempo, lo squarcerei, per tornare indietro ad abbracciare la persona direttamente interessata, stringerla forte e sussurrarle “ora dovrai essere forte, ma tranquilla, io credo in te e ce la farai” perché gli incoraggiamenti servono sempre, poi tornerei nel mio tempo ricucendo il lembo strappato e dimenticare tutto. Vorrei prestare il mio tempo, la cosa più preziosa che ho, magari in un pacchetto regalo, tutto infiocchettato con colori pastello…
Vorrei tante cose, tutte impossibili.

Ritornando alla lentezza, è una parola che ha un’etimologia molto interessante, viene dal latino lentitia, che sta per flessibilità, rilassamento. Scoprendo il significato ho imparato ad apprezzare di più questa parola che oggigiorno ha un connotato sempre più negativo.
Ho immaginato una vita in cui non devo essere flessibile, una vita fatta perfettamente per me, della mia “taglia”, in cui mi sveglio, faccio delle cose, forse sempre le stesse, senza ulteriori input o motivazioni, una vita piatta, monotona, senza neppure chiedermi se davvero ne vale la pena, senza decisioni da prendere.
Ho immaginato una vita non rilassata e mi è venuta paura, una vita in cui ho sempre e costantemente l’ansia di fare tutto e subito, senza godermi niente.
La lentezza ci aiuta a vivere in fondo, ci permette di adattarci a ciò che abbiamo intorno, evitandoci stress inutili.

Perché alla fine noi siamo fatti di tempo, tempo speso in modo proficuo, tempo perso, tempo passato in modo divertente e tempo usato per metabolizzare gli eventi. Perché ce ne vuole di tempo per guarire, per dire che qualcosa è passata completamente, che dal deposito di traumi della nostra memoria è passata al lato che non fa più male, al nostro bagaglio di esperienze, che ci formano come persone anche se non ci definiscono.
Ci vuole tempo in tutto.

Ho messo molto tempo a costruire la mia persona, a crearmi dei confini, senza stare troppo stretta né troppo larga, dovendomi anche reinventare più e più volte. Ovviamente sto ancora crescendo come persona e come altro, senza mirare alla perfezione, sto impiegando parte del mio tempo per migliorarmi e a fare delle cose per cui vale la pena lottare.
Ho messo tempo per stabilire le mie priorità nella vita e nel mio tempo, cose che ora potrei elencare a chiunque.
Ho messo tempo a scegliere cosa voglio diventare, l’idea generale c’è, il resto non ancora. Sto comunque provando a costruirmi una parte di futuro pian piano, come se fosse una casetta lego.
Ci metto tantissimo tempo per studiare, per capire ogni minima cosa, per non tralasciare (almeno ci provo) nulla.
Ci ho messo tempo in treno, a barcamenarmi tra due città per inseguire le mie passioni.
Ci metto tempo per informarmi su ciò che succede attorno a me, e su ciò che è successo in passato, perché voglio diventare ed essere un bravo cittadino, rispettoso di ciò che ha attorno e di chi ha intorno.
Ho impiegato del tempo a fare volontariato, perché ho deciso di donare un po’ del mio tempo a chi di quel tempo ne aveva più bisogno in quel momento, perché anche solo guardando negli occhi delle persone si può trovare una risposta.
Ci ho messo tempo ad imparare poesie.
Il tempo è fondamentale in musica, nella danza e nelle arti in generale.
Ci vuole tempo per fare ricerca, per fare scoperte, per trovare soluzioni, per capire.

Conosco tante e tante persone che hanno dovuto includere nel loro tempo un grande spazio per guarire da eventi non belli, da cui bisogna assolutamente uscirne, ognuno col suo tempo.
Queste piccole/grandi persone, che mi piace paragonare a tante piccole fenici che son dovute rinascere dalle loro ceneri, dai loro momenti peggiori, che ora guardo “svolazzare” nel loro tempo libero, in tutta la loro bellezza ed eleganza, o che aspetto di farlo, con la consapevolezza (a volte con la speranza, perché non sempre i dolori rendono migliori) che ne uscirà fuori qualcosa di grande.

La lentezza è la base dei rapporti sociali, bisogna costruire delle fondamenta solide per una casa come si deve.
Non considero la lentezza come il contrario della velocità: essa ci dà profondità, ci permette di analizzare tutto sotto più punti di vista, rendendoci più consapevoli e facendoci apprezzare tutte le più piccole cose.
La lentezza è necessaria negli interventi chirurgici.
Ci vuole lentezza affinché una terapia funzioni e per smettere di prendere una pastiglia.
Ci vuole tempo per guarire da eventi terribili, con l’aiuto di persone che donano il loro tempo e con quel dannato e fantastico tempo che aiuterà loro a crescere.
Ci vuole lentezza in tutto…

Ecco la mia piccola riflessione, con la speranza che un giorno le persone che ho accanto possano, con la lentezza necessaria, uscire da certi momenti volando come fenici, e che tutte le piccole fenici, o passate fenici che si sono dovute reinventare e rialzare tante volte o anche future fenici, possano godere di tutto il tempo buono che ci viene dato, delle persone che con cura scelgono di donarcelo, e che possano volare per tanto tempo dopo i loro periodi “no”.

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