Dune e il valore della spezia

“Il mio pianeta, Arrakis, è così bello quando il sole è basso. A volute sopra la sabbia, si vede la spezia nell’aria”.

Effettivamente l’universo creato da Frank Herbert è bellissimo e non devo certo essere io a rimarcarlo ulteriormente. Uno degli autori più influenti sulla letteratura mondiale e assoluto protagonista della fantascienza. In particolare, Herbert ha dato grande valore alla fantascienza soft, termine che spesso è stato usato in maniera dispregiativa. Perché dove magari di Dune non arrivano le spiegazioni scientifiche ci arrivano la profondità dei personaggi, il loro modo di pensare e di agire e il modo in cui leghiamo con loro mentre ci addentriamo negli intrighi politici che questo ciclo letterario ci offre. La fantascienza come tramite per raccontarci la propria visione della vita, del proprio ruolo in essa, del valore della stessa.

Dal 1965, anno della pubblicazione del romanzo Dune, la fantascienza non è più stata la stessa. E non lo dico io, lo dicono, tra i tanti: Isaac Asimov, James Cameron, Stephen King, George Lucas, Steven Spielberg. Forse ora qualcuno inizia a capire meglio perché attorno al film di Denis Villeneuve ci fossero grandi aspettative, meno perché venisse considerato una patata bollente.

Perché era ovvio che, in sessant’anni, l’interesse di portare un universo così ben costruito e funzionante al cinema ci fosse. E misero un pezzo da novanta a dare vita al primo romanzo: David Lynch. Il film del 1984 viene però ricordato come probabilmente il più grande flop del regista, che distaccandosi dal romanzo non riesce ad offrire un film degno del suo nome. Egli stesso lo ha infatti rinnegato, sentendolo non suo.
Ci riprovarono nel 2000 con la miniserie Dune il destino dell’universo, che ha coperto con più cura la storia grazie alla maggiore durata del film di Lynch ma non è riuscito a fare di meglio. Ha però il merito di aver dato vita, con il suo seguito del 2003 I figli di Dune, ad adattamenti di altri romanzi del ciclo.

Denis Villeneuve è sembrato a molti il regista adatto per feeling con il genere e capacità di gestire il peso di grandi nomi (la sua ultima opera prima di Dune è stata Blade Runner 2049, voglio dire). Insieme a lui, un cast corale di alto livello, per citare qualche nome coinvolto: Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Stellan Skarsgård e Zendaya.

La scelta è quella di avviare una saga cinematografica: nella prima pellicola è stata coperta metà del primo romanzo. Sarà difficile ora vedere scontentato qualcuno per quanto riguarda la copertura della trama. Il film punta con enorme forza sulla capacità di colpire lo spettatore, con una proposta visiva continuamente suggestiva e in grado di donare nuovamente a qualsiasi spettatore l’amore per la fantascienza. I protagonisti della prima parte riescono a diventare presto tridimensionali e immedesimarsi non diventa difficile. Qualche incertezza c’è, qualche passaggio poco chiaro o scorrevole forse anche, probabilmente qualcuno sente anche il sapore di già visto verso il finale (non colpa del film però: la storia è vecchia di sessant’anni, sono quelle venute dopo a non essere originali!).

Fatto sta che Dune è per forza di cose uno dei film più interessanti usciti nel 2021 e l’attenzione verso il futuro della serie è enorme.

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