Con gli occhi di un padre

Non ho mai capito come lei abbia fatto in tutto questo tempo, avvolta da cotanta sofferenza, a conservare ancora quegli occhi così vispi, disillusi, lunari.

Me ne sono andato di casa, una sera, e non le ho lasciato più niente.

Nemmeno una parola.

Ho visto mia figlia, la stessa che ora definirei un’adulta, come fosse un’estranea; non so neanche quanta effettiva memoria poi io abbia con me di lei.

Non ricordo di averla vista crescere, di averla vista fumare di nascosto con le amiche -sempre ammesso che l’abbia fatto- del suo modo di fare, prendere e mutare. Non ricordo del suo seno spuntare sotto le canotte, del ‘pezzo di sopra’ al mare che oramai aveva il pudore di indossare.

Delle sue gambe o delle sue mani, crescere e affusolarsi, con gli occhi di un padre.

Non ho più saputo distinguere i suoi volti sinceri da quelli artefatti, non che sia poi così abile a mentire, ma d’un tratto non ho più saputo riconoscere sul suo viso gli sguardi profondi e pieni di malinconia che custodiva sempre.

Mi chiedo se siano persi o se mi sia perso io con loro.

Ho provato ad amarla, ad emulare gli altri, fallendo poi miseramente. Era ormai a me un’estranea, così tanto lontana da divenire intoccabile, così tanto remota da non saper più riprendere il suo passo falcato.

Ho cambiato casa, ho ceduto ad una più grande, forse meno accogliente; mi sono imbattuto in uno spazio così magno da rievocare il mio personale vuoto, un vuoto insostenibile che in questi anni ho provato a colmare.

Ho anche arredato questo spazio artificiale, mi ci sono rifugiato, ho provato a farmi valere, talvolta a farmi riconoscere nei soli beni materiali che provavo così tanto ad ostentare.

Non nel dolore, non nel bene, non con gli occhi di un padre.

Ho provato ad incastrarmi con lei, a renderla parte di questo teatrino preconfezionato, ho preservato anche il mio stato mentale, il mio fare autoritario, il mio essere “tutto d’un pezzo”, temendo forse di mostrarmi vulnerabile.

Ho seguito quello che ho avuto il piacere di chiamare “il flusso naturale delle cose”, ritagliandole il tempo, ma non quello necessario, dedicandole il tempo, ma quello impostomi dalla Legge.

Ho scavato affinché estrapolasse il suo di dolore, ma non si è mai smossa, delle volte forse, però, si è per sbaglio tradita, qualche lacrima ogni tanto, il cuore freddo e gelido come il marmo.

Ho dato lei la mera illusione di osservarla come uomo, quando poi avrei dovuto solo guardarla..

..con gli occhi di un padre.

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