Chiudo questa trilogia sui manga che ha aperto la mia rubrica: ho parlato del presente (L’Attacco dei Giganti), del passato (purtroppo Berserk), uno sguardo verso il futuro mi sembrava d’obbligo.
Chainsaw Man è già presente per i lettori di manga: il primo capitolo è stato pubblicato il 3 dicembre 2018 su Weekly Shōnen Jump. E se Shūeisha ti mette a lavorare su quella rivista qualcosa vorrà dire. Tatsuki Fujimoto aveva già dato grandissime dimostrazioni, soprattutto con lo straordinario Fire Punch. Con Chainsaw Man l’autore cerca di cambiare qualcosa, passando da seinen a shōnen e dunque in teoria ampliando il target, lasciando comunque la sua impronta autoriale e cercando di inserirsi in un contesto manga con pochi next big thing in particolare per quanto riguarda dark fantasy ed affini. Ma cosa rende Chainsaw Man l’opera giusta per occupare il vuoto di potere lasciato da altre grandi opere come quelle già trattate?
Il grande autore può fare due cose: inventare qualcosa o, come in realtà avviene la stragrande maggioranza delle volte, reinventare qualcosa di già esistente che lo ha formato e renderlo suo. Fujimoto opta per la seconda strada e con il suo Chainsaw Man crea un prodotto perfettamente inscrivibile in un genere eppure mai visto prima d’ora.
Sebbene all’inizio sembra essere l’ennesima serie che cerca di inscriversi nel filone moderno, Chainsaw Man scopre presto alcuni assi. La serie ripropone la violenza, lo splatter, l’inquietudine e la paura che opere già citate da me portano nelle case dei lettori dal 1972 con Devilman che risulta l’influenza principale. Esso però viene fatto con una componente sempre forte di ironia, talvolta macabra, spesso erotica, giocando intelligentemente con la componente fanservice che da pecca di qualsiasi altra opera diventa gigantesco pregio. Chainsaw Man infatti, pur avendo con sé tutti i tratti dell’opera pesante, è leggero come una piuma e scorre benissimo. Il mangaka ha sempre citato altre influenze, anche per sue opere: tra queste figurano serie leggere ma memorabili come le opere di Hiroaki Samura o La malinconia di Haruhi Suzumiya, nonché film della Disney, della Pixar e dello Studio Ghibli. Questa componente lo ha reso facilmente apprezzabile da tanti appassionati, ansiosi più che mai di assistere alla trasposizione anime di MAPPA Studio di cui attualmente è disponibile solo un piccolo trailer.
La prima parte del manga di Chainsaw Man si è conclusa con il capitolo 97 e si è già consegnata alla storia grazie a tutte le caratteristiche elencate prima, ad un tratto del disegno a volte semplicissimo, a volte particolarmente dinamico e altre volte dark e splatter come pochi. La trama parte in maniera semplice ma porta con sé numerosi misteri che coinvolgono ed appassionano facilmente; al tempo stesso i personaggi sembrano ricalcare alcuni stereotipi classici, salvo poi mostrare col tempo sempre maggiore personalità. E in questo è obbligatorio parlare dei due veri trascinatori della serie: Denji e Makima. Due personaggi che hanno imparato dai grandi autori a non diventare mai pienamente bianchi o neri, buoni o cattivi: sempre grigi, con motivazioni diverse, obiettivi diversi e modi altrettanto. Un protagonista con cui risulta facile empatizzare nei momenti seri ed ironici e la sua padrona dalle mille sfaccettature, imprevedibile e glaciale. Una nuova riproposizione di questo tipo di dualismo che, riproposto in maniera rinnovata, non stancherà mai.
Con un potenziale alle stelle ed un interesse altissimo per un’opera non ancora animata non ci resta che aspettare l’arrivo dell’anime probabilmente nel 2022 con una probabilità ormai praticamente certezza: Chainsaw Man è il next big thing.
Inchiodare il pubblico al silenzio: “Le Amarezze“, da Koltès a Adriatico
“La carne è incompatibile con la carità: l’orgasmo trasformerebbe un santo in lupo.” E. M. Cioran, “Sillogismi sull’amarezza”, 1952 Nell’attualità della cultura europea, ormai