Che fatica vincere questa vita, per quel manipolo di bastardi che ancora crede nella bellezza delle cose.
Esiste, nascosta tra le trame urbane della vita di tutti noi, una tribù nomade, invisibile, silenziosa, composta da quei pochi scellerati – o illuminati – che hanno compreso una verità tanto insindacabile quanto complicata da raggiungere: se nella propria vita si ricerca la pace, è necessario scendere in guerra per poterla raggiungere.
Questa tribù, questi bastardi, sono gente che non teme il dolore, ma che lo vede funzionale ad una ricerca della felicità che si palesa nelle piccole cose, nelle piccole soddisfazioni, che scardina i moderni canoni di ostentazione e piuttosto vede nello “sporcarsi le mani” un’opportunità e non un obbligo.
Ce lo racconta Bebbi Miguell, nel suo nuovo singolo “Ogni bastardo merita di essere felice”. Miguell, uno degli emergenti più promettenti della scena urban-rap salentina, fresco vincitore del contest Block war, un rapper fresco, con un immaginario forte e uno slang definito, e con una penna sensibile capace di toccare tematiche umane non scontante.
“Ogni bastardo merita di essere felice” è un po’ il manifesto della tribù dei bastardi, che delinea quanto la prerogativa di questi sia fare del bene piuttosto che cercare di essere “real” nella concezione più “street” del termine, qualcosa che non si è e che si ricerca per raggiungere quelli standard di credibilità che si presumono necessari per realizzarsi nel sistema.
Alcune delle barre più interessanti arrivano dopo i primi 40 secondi del pezzo, rispettivamente
“Io sgamo nelle tane mali che stanno per nascere//
Conosco il dolore non ne ho mai preso le distanze”
“Io che uccido il serpente solo dopo avermi punto//
Dal mio punto di vista adesso c’ho qualcosa di suo”
Le prime due barre introducono il concetto di dolore, che sarà poi cardine nel resto del pezzo, con una prospettiva interessante: non bisogna scappare dal dolore, piuttosto ricercarlo, “sgamarlo” nelle tane nel momento stesso in cui sta nascendo.
Le seconde completano la prospettiva precedente: il serpente, ciò che ci spaventa, viene ucciso solo dopo averci punto, solo dopo averci ferito.
Questo perché le paure sono qualcosa da interiorizzare, e per farlo è necessario immergercisi in profondità, assaporare quel dolore per poi possederlo, rendendolo parte si sé stessi, avendo qualcosa di suo.
Un’altra barra molto rappresentativa della penna di Miguell è
“Mi sento bello a essere bruco non sarò mai una farfalla //
perché la farfalla scappa, il bruco è costretto a farcela”
L’immagine è forte ed evocativa, il rapper salentino ricaccia l’essere farfalla, perché è troppo facile esserlo.
La farfalla, una volta uscita dalla crisalide, scappa via, dimenticando tutto ciò che è significato essere bruco: si vaneggia della sua bellezza, del suo poter volare via, si fregia del suo essere adorata.
Miguell si sente “bello a essere bruco”, perché questo deve combattere per non essere schiacciato, per non essere odiato.
Il bruco combatte, e non per diventare farfalla, combatte per sopravvivere, sa che deve sconfiggere il fango, e Miguell questa fase della sua vita non vuole dimenticarla, è quella che lo sta forgiando, che lo sta rendendo grande.
Il bruco nel fango ci sa stare, il fango lo sa vincere. La farfalla, con le ali bagnate, non riesce più a volare.
Chiudiamo con le ultime barre del pezzo, che concludono il manifesto e diventano inno della tribù dei bastardi.
“Se rimani al buio non mi dire che vuoi vivere //
Se sei chiuso trova un modo per poterti aprire //
Perché ogni bastardo merita di essere felice”
Con queste barre Miguell fa una chiamata alle armi a tutti i Bastardi, provocando prima chi si accontenta di vivere nel buio e poi se ne lamenta, chi pensa che la vita sia più grande di lui e non ha il coraggio e le forze per affrontarla, ricordando che è troppo facile accomodarsi nel dolore. Continua poi appellandosi a chiunque sia attanagliato dal dubbio di non essere all’altezza, di chi è “chiuso” nelle sue insicurezze, invogliandoli a uscire fuori dal proprio guscio, che altro non fa che logorare il potenziale di chi si limita: la timidezza, le ansie, le paure, sono solo armi a disposizione della tribù dei bastardi, sono piccole vertigini rispetto al mondo reale, e se per Jovanotti la vertigine “non è paura di cadere, ma voglia di volare”, questo deve valere per tutti noi, anche nelle piccole cose.
Chiude poi con il titolo del brano, che diventa un monito più che una sentenza: chi si sbatte per la propria vita, chi è capace di affrontare il proprio dolore e di interiorizzarlo, chi ricerca la propria identità prescindendo dal rumore di sottofondo, chi sa apprezzare l’essere bruco, merita di essere felice, e lo merita perché combatte, ostinatamente, come un bastardo, solo in nome dei propri sogni.
Ascolta “Ogni Bastardo Merita Di Essere Felice” su Spotify e tutte le piattaforme digitali.