E’ stata la mano di Sorrentino

Venezia Capitolo 2

Ricominciamo da dove abbiamo terminato, anzi, da dove tutto ha inizio. Esco dalla sala elettrizzato come chi ha ancora tutto da scoprire. L’aria che si respira intorno è celestiale, gente da ogni parte del mondo e di tutte le età mi passa davanti: fotografi e stuart corrono intorno, modelle e modelli sfilano sul red carpet alternandosi a celebrità e autori del cinema che non si fa in tempo neanche ad avvistare che subito si è coperti da un bagno di folla, studenti esaltati chiusi in cerchio per discutere sulle pellicole appena viste, vecchi lupi del festival con il merchandising delle edizioni precedenti camminano raccontando agli amici i tempi andati, turisti esausti che girano in tondo palesamenti confusi dalla calca, giornaliste che si cambiano le scarpe dopo ore in piedi sul tacco 12. Immerso tra mille volti caratteristici, sul mio spunta un sorriso. 

Mi muovo e vado verso il centro, dove in qualche modo mi aspetto di riuscire a rifocillarmi ad un prezzo più conveniente che al ristoro del festival. Scendo dal battello a San Zaccaria e subito sono travolto dalla maestosità di Palazzo Ducale, che devo dire essere uguale identico nella riproduzione digitale di Assassin Creed II. Poi, una seconda impressione, ripetutasi diverse volte nel corso di questi giorni, camminando a Venezia, alle volte, soprattutto su ponticelli e scalini, si ha proprio come l’impressione che la terra si muova, che tutto sia in uno stato di precarietà, ed è proprio come stare in piedi su di una barca. “Quanto deve essere strano vivere a Venezia” mi dico mentre cammino raggiungendo alcuni amici a Rialto, zona dove sono concentrati i locali per bere qualcosa.

Così la prima notte a Venezia è finita tardi, illuminata dalla preziosa scoperta degli spritz a 2-3 euro, fatti con il “Select” e non con l’Aperol e con dentro un’ oliva, sommersa nel drink da gustare a sorpresa. 

Ho avuto ancora modo di bere con dei veneti, nel bar di fronte al mio alloggio, casualmente denominato “caffè degli artisti”, mi spiegano che lo spritz qui è considerato come un apertivo, invece, nel resto d’Italia è un cocktail. Ecco la causa del sovrapprezzo. 

Così tra una chiacchiera e l’altra, parte un karaoke grazie al quale scopro il musical “Notre-dame de Paris” di Riccardo Cocciante. Di animo particolarmente allegro un signore decide di offrirmi da bere e di raccontarmi delle sue vacanze pugliesi, “Un tempo noi veneti eravamo come voi, aperti e accoglienti, prima lasciavo la porta aperta adesso dobbiamo chiuderla a chiave” mi dice alludendo a qualcosa, “l’importante è non chiudere a chiave il cuore” dico io, ringraziando e congedandomi. Sono già in ritardo.

Nella sala Perla, gremita di gente, mi aspetta quello che stavo aspettando più di ogni altra cosa: il nuovo film di Sorrentino. 

“E’ stata la mano di Dio” è il suo film più personale. Eliminando ogni elemento barocco tipico del suo cinema si lascia andare a una regia asciutta e pulita in armonia con il circolo della vita di tutti i giorni. Mi sono divertito ed emozionato tanto. Sorrentino costruisce delle pellicole cui incroci di personaggi e situazioni rivelano la danza precisa e sconvolgente della realtà, dove i vari elementi si uniscono come tessere a formare un prezioso mosaico. I dialoghi rivelano in ogni loro aspetto una scelta chiara e un significato particolare che si ricollega ai punti fondamentali della storia. Nulla è a caso insomma. 

In generale, il film, è un romanzo di formazione. Un Amarcord napoletano, in cui assistiamo al passaggio all’età adulta di Fabietto (che poi in realtà sarebbe lo stesso Sorrentino), coincidente con la sua scelta di fare cinema e di attuare la “dedizione”. 

“Il cinema ti distrae dalla realtà che è deludente”

Non so come dire ma, quando si assiste a un gran film non si ha a che fare con una “cosa” soltanto, ma con tante “cose”. Prima di tutto vi è il simbolo di Diego Armando Maradona, il quale rappresenta la forza della volontà umana in grado di andare contro ogni destino per la sola necessità di dover realizzare se stessa, ma non solo questo. Maradona ha salvato la vita di Sorrentino che non segue i suoi genitori nel giorno del loro incidente nefasto per andare a vederlo allo stadio,  basta tutto ciò a rivelare l’incredibilità e la magia di questa situazione. Poi vi è Napoli, sempre sullo sfondo e così invadente da diventare protagonista, città magica piena di suggestioni, personaggi, colori e rivelazioni che non possono non forgiare l’immaginario dell’artista. Di seguito vi sono il Cinema e Fellini, il cinema come “una distrazione dalla realtà, che è scadente”, Fellini come la bussola ispiratrice che guida il cammino del regista. E’ meraviglioso come Sorrentino si metta a nudo, mostrando tutta la sua devozione per i personaggi che lo hanno accompagnato nel suo cammino e tutta la sua sensibilità verso il mondo nel quale è cresciuto. Ma soprattutto è stato meraviglioso per me vedere la figura dell’ora premio Oscar, alla mia età, pieno di dubbi e travagli attorno al senso della vita. Solo ed escluso, nel pieno nell’indecisione più totale su cosa fare da grande. Poi la scelta, quella del cinema, l’unica che sembra possibile. Il cinema come evasione, ma anche come costruzione. Il cinema come salvezza. 

Esco dalla sala, leggermente commosso, con la mente travagliata, piena di pensieri fluttuanti, di cui uno in particolare: “Grazie Paolo, spero un giorno di raccontare le mie suggestioni e i miei fantasmi con la stessa grazia e lo stesso mistero con cui tu ci riesci. Se ce la farò sarà anche grazie ai tuoi film. In fondo, dopo aver visto questa tua ultima opera, penso che io e te ci somigliamo.”

Vi chiedo di andare a vederlo e anche di fare attenzione a una piccola cosa in particolare. Notate come nei ritmi frenetici con cui le immagini si susseguono nel divenire della storia, ogni tanto il respiro rallenta, l’inquadratura si sofferma su un dettaglio in particolare: un numero da circo, il seno di una donna, il movimento di una gamba, il fumo di una sigaretta. E tutto il mondo sembra fermarsi su questo dettaglio, ogni tanto, tra una frenesia e l’altra di questa vita deludente, contempliamo il miracolo. Questo è il cinema di Sorrentino.

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