È un titolo provocatorio quello che ho voluto dare a questo articolo, così come lo è il tema che da anni attanaglia la politica italiana e il senso civico popolare. In Italia, infatti, non è ammessa la possibilità di esprimere la propria scelta elettorale se ci si trova al di fuori del paese in cui si detiene la propria residenza. Dal sito del Ministero dell’Interno, infatti, è possibile apprendere come una volta acquisito il diritto di voto “[…] l’elettore viene iscritto nelle liste elettorali del comune di residenza, identificato con un numero di lista generale ed assegnato ad una sezione elettorale” (fonte: https://www1.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/sala_stampa/notizie/elezioni/0798_2008_04_10_tessera_elettorale.html#:~:text=La%20tessera%20elettorale%20%C3%A8%20un,il%20variare%20della%20residenza%20stessa.).
Non è un caso – dunque – se tra le FAQ del Ministero la domanda numero 5 riceva un lapidario “No, non è possibile.” al quesito inerente all’ammissibilità di votare per chi lavori in un comune diverso da quello di residenza.
Si tratta di un paradosso tutto all’italiana, che altro non rispecchia se non la nostra classe rappresentativa: abbiamo dei parlamentari talmente pigri e negligenti da essere in grado di rifiutare la modifica di un sistema che porterebbe loro solo più voti. Non chiediamo a senatori e deputati la decurtazione dello stipendio – non ci permetteremmo mai di avanzare pretese così irrispettose – ma di riconoscere a 5 milioni (milioni) di studenti e lavoratori fuori sede il diritto di votarli.
Ad oggi, le uniche eccezioni in materia di diritto di voto sono difatti rivolte solo a rappresentanti di lista e candidati; a militari e forze di polizia, i quali votano nel comune dove prestano servizio; a naviganti imbarcati; a degenti che esprimono la propria preferenza nel luogo di ricovero (fonte: D.P.R. n. 361/1957, artt. 48-51).
Qualcuno di volenteroso, tuttavia, c’è. Dal 2009 prima (disegno di legge 1561) e dal 2019 dopo (proposta di legge 1714) il tema qui in esame è stato presentato in Parlamento. Il problema, tuttavia, risiede nel fatto che la politica sia rimasta quasi inerte sino ad oggi, con iter ancora “in corso di esame”. Uno spiraglio di luce si ebbe solo a luglio 2023, quando si arrivò all’approvazione in Camera, da quel momento bloccata in un tempo burocratico di 18 mesi – in capo al Governo – per legiferare. Ed Alessandro De Nicola, promotore del Comitato “Voto dove vivo”, fa ben notare come “se pur da domani mattina si andasse spediti – in Senato, ndr –come è successo alla Camera, l’approvazione non arriverebbe prima di aprile. Impossibile, quindi, che il governo faccia in tempo per giugno”.
L’8 giugno 2024, infatti, si voterà per il rinnovo del Parlamento Europeo e – anche questa volta – la possibilità di votare fuori dalla propria residenza rimarrà un’utopia. Le idee, secondo la proposta di legge, sono due e risponderebbero alle esigenze di voto, sicurezza e trasparenza:
- Voto nel comune di domicilio per quanto riguarda i referendum (appurato che le schede di voto sono identiche su tutto il territorio nazionale);
- Voto anticipato presidiato, una modalità di voto consistente nel votare prima dei giorni previsti per la votazione nel territorio nazionale, in seggi allestiti nella località di residenza o anche in località diverse da quella di residenza. Ciò si applicherebbe per quanto riguarda elezioni europee, della Camera e del Senato così da non alterare la rappresentanza territoriale. Tale modalità risulta essere più sicura e trasparente del voto per corrispondenza, utilizzato per gli italiani residenti all’estero.
Arrivati a questo punto, ci sembra opportuno condividere – nonché aderire – all’iniziativa promossa dall’associazione The Good Lobby e da Will, al fine di manifestare pacificatamene davanti Palazzo Madama – 30 e 31 gennaio – con l’obiettivo di sensibilizzare la politica ed ottenere una soluzione. Per maggiori informazioni: https://www.instagram.com/p/C2iBbKRCRxx/?igsh=MXNlYzlhNjV4N25udA&img_index=1
“Sub lege libertas”, a patto la legge arrivi per tempo.
Aldo Maria Cupello
(fuorisede incazzato)