L’origine delle disuguaglianze
L’essere umano si interroga da secoli sull’origine delle disuguaglianze. Ai giorni nostri, una fetta importante del dibattito politico e culturale cerca di evidenziare la profondità e la diramazione di questo fenomeno globale. Tale discorso morale si considera storicamente avviato in Francia quando nel 1754 l’Académie des Sciences, Arts et Belles-Lettres ha indetto un concorso nazionale fondato sul quesito: “Qual è l’origine della disuguaglianza tra gli uomini?”. Spicca nei libri di storia il saggio esposto per l’occasione da Jean-Jacques Rousseau: Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza tra gli uomini. In quegli anni (in gran parte ancora oggi) prevaleva l’idea – basata su riflessioni religiose – secondo la quale l’uomo ha vissuto in uno stato idilliaco fino al momento in cui qualcosa è andato storto. La rottura di questo stato di natura si attribuisce all’avvento dell’agricoltura quando, in breve, si intensificarono via via le distinzioni tra mio e tuo.
Gli albori dell’umanità
Tre secoli di discussione sono molti considerando la durata della vita dell’uomo medio. Sono pochi se stimiamo che l’Homo Sapiens calpesta la Terra da 300.000 anni. E ancora, questi 300.000 anni sono un nonnulla pensando come la vita media di una specie sulla terra sia di 5 milioni di anni. Gli insegnamenti del botanico Stefano Mancuso suggeriscono come l’umanità sia ancora immersa nella fase infantile dello sviluppo. Quando guardiamo agli ultimi millenni della storia, l’unico intervallo temporale da cui pervengono prove scritte agevolmente databili, è facile trovare similitudini a livello di esperienze ed emozioni avvertite. I filosofi greci e latini toccano ancora oggi lati intimi della nostra essenza. Partendo da queste considerazioni, è facile provare timore notando il perpetuare dei medesimi errori: omicidi, guerre, patriarcato, iniqua distribuzione delle risorse. Millenni di soprusi sono molti, e sono molto pochi.
L’ammonimento
Questi dati sono sconcertanti. Lo sono perché l’umano lattante ha causato danni considerevoli e terrificanti e ne sono prova le manifestazioni turbolente, violente e imprevedibili del clima, le cui stagioni sono divenute mutevoli ed estreme. L’aria irrespirabile, le terre acide e private di nutrimento e biodiversità per via di un’agricoltura (ancora lei) intensiva e industriale. Specie animali spinte all’estinzione, e razze umane spogliate dai diritti e dai beni e servizi di primissima necessità… Con un occhio fatalista possiamo dire che gli ammonimenti del pianeta sono sempre più incisivi e questo bambino problematico, egoista e violento dovrebbe tenerli in considerazione per la sopravvivenza della sua stessa specie. Sempre Mancuso ci tiene a sottolineare che: se la vita umana terminasse ben prima dei 5 milioni di anni, cosa che non ci pare difficile da credere, l’uomo si rivelerebbe la specie più stupida mai esistita, lei che dà un peso così rilevante alle sue capacità cognitive… Non c’è animale o vegetale che non risponda efficacemente alla legge fondamentale e fondante la vita stessa: fare tutto ciò che è in proprio potere per sopravvivere e proliferare.
La speranza per il futuro
La speranza sta nel medesimo dato inquietante. Siamo ancora, appunto, degli infanti e le statistiche suggeriscono un’inattesa longevità. Siamo problematici ma in piena fase educativa, una fase in cui si susseguono infinità di errori, ma si tenta anche di raddrizzarli. È difficile immaginare un mondo senza l’Homo Sapiens, eppure è esistito e potrebbe esistere ancora. Ma se desideriamo valutare la Terra esclusivamente con la presenza della variabile umana appresso, allora il mondo stesso è un nuovo nato. Quanto accaduto fino ad oggi non deve e non può comunque essere immutabile. Sono stati commessi molti errori e l’inevitabile ciclicità dell’esistenza continua a riproporceli. Tuttavia, cambiamenti futuri sono innegabili e potrebbero essere imminenti, sta a noi indirizzarli in maniera fruttuosa.
Gli albori delle disuguaglianze: le conclusioni (almeno per oggi)
Cosa ha causato le disuguaglianze? Quando sono cominciate? Si può dire che un solo fenomeno le abbia generate? E che l’inizio si possa facilmente identificare? Queste domande sono corrette da porre? Oppure stiamo partendo male? Nell’attuale stadio di apprendimento cognitivo, l’umano potrebbe aver ponderato i problemi esistenziali in maniera, come minimo parzialmente, errata. Sembra sia giunto il momento in cui quanto appreso ci serva da lezione ma venga anche in parte accantonato per dare spazio a nuove formulazioni. È alquanto improbabile credere che lo sviluppo umano sia stato lineare e omogeneo sull’intera distesa terrestre e che un solo evento in un unico identificabile momento storico abbia spaccato l’umanità distinguendo un prima e un dopo. È opportuno e logico credere invece, e le prove ce lo dimostrano, che le tribù umane abbiano testato differenti stili di vita per periodi più o meno lunghi, in alcuni casi interagendo tra loro, in altri rimanendo territorialmente distaccate. C’è molta retorica nel presente articolo, ma questa arte immortale (almeno per oggi) quale è l’eloquenza ha la sua importanza perché ci aiuta a spostare la prospettiva e riadattare la visuale. A partire da oggi bisogna porre nuove domande. Queste domande ci consentiranno di intraprendere un impatto sociale concreto. Sarà così possibile creare nuovi mondi, speriamo migliori. Sicuramente diversi