LA VIOLENZA DELLA BELLEZZA

La bellezza è tiranna ma silente, la bellezza è santa, ma pericolosa; la bellezza è violenta.


Non si sa bene se la bellezza se ne stia inerme, là. Quieta, in attesa di essere colta. O se invece,
in qualche modo, agisca tramite sottili flussi di energie verso la sua preda, scegliendola e
preparandole il sentiero. La bellezza è statica o in moto?


Lasciamo pure queste domande ai patafisici del passato e del futuro. Oggi ci occuperemo della
fenomenologia della bellezza, ovvero del modo in cui ne facciamo esperienza. Infatti, che sia in
un caso o nell’altro, il risultato non cambia, la bellezza ci cattura, una volta presi ci tiene nelle sue
grinfie. Sta noi scegliere bene davanti al bivio, se lasciarci distruggere o trascenderla, se
integrarla in noi o proiettarla all’infinito all’esterno, come oggetto del desiderio.


Pensatevi in questi diversi scenari che ciascuno di noi ha vissuto:
-Seduti a godervi una vista mozzafiato come un tramonto dallo spiovente della montagna, una
piccola cascata che alimenta un ruscello attorniato da alberi o semplicemente una notte limpida
di luna piena;
-L’ammirazione di un affresco, una scultura o un’opera architettonica;
-Il passaggio di una ragazza o di un ragazzo dai lineamenti angelici e dal corpo allenato che ci fa
battere il cuore;
-Trasportiamo il discorso anche agli oggetti di lusso cui design è pensato per rispondere alle
nostri reconditi inconsci bisogni come una macchina costosa, un rolex o una pietra preziosa;
-In ultimo pensate alle belle idee, quelle che sono in grado di colpire le menti per l’ordine e
l’efficacia del loro ragionamento, siano esse nel campo della matematica, della politica o della
filosofia.

La bellezza è tiranna ma silente, la bellezza è santa, ma pericolosa; la bellezza è violenta.


Ciascuno di noi sarà colpito in misura maggiore da uno o più di questi scenari, ma nessuno può
sfuggire al rapimento (all’incanto) di essere venuto a contatto con qualcosa che esso reputa
bello, veramente bello…


Così bello da non potergli staccare gli occhi di dosso, così bello da doverlo ricordare, così bello
che ogni singola fibra di noi stessi vuole farne parte, così bello da dover renderlo nostro.


In ciò la violenza della bellezza, una violenza “gentile”, indiretta, una violenza che non fa, che
non chiede, che non provoca, né spaventa, e proprio per questo una violenza dalla quale è molto
difficile difendersi, o meglio, dalla quale, sovente, non vogliamo difenderci fino a quando
non ci fa male
. Ma anche quando lo fa, il più delle volte non cediamo e continuiamo imperterriti
verso la nostra donchisciottiana conquista.


Il bello ci attrae, di esso vorremmo circondarci, ci richiama e può schiavizzarci, in un senso molto
meno appagante del piacere dannunziano, poiché vivere per il bello (cosa nobile) non significa
dover a tutti i costi possedere ciò che riteniamo tale (anche perché spesso non lo si può fare).
Innanzitutto vi è da dire che di fronte a ciò che veramente per bellezza ci colpisce, noi non siamo
più noi, o meglio, non bisogna assolutamente pensarsi come esseri razionali, il fatto è che di
fronte alla bellezza non si è più in controllo. È appurato scientificamente, ad esempio, che il
cervello di fronte ad un soggetto che reputiamo davvero attraente subisca delle diminuzioni
dell’attività delle aree della corteccia frontale deputate al giudizio critico, in parole povere:
rincoglioniamo.

Kalos kai agatos” dicevano i greci, “bello e buono”. Io direi “kalos kai kratos”, ovvero “bello e
violento”
.


Ma allora cosa vuole da noi questa bellezza? Se senza di essa non si potrebbe vivere ma, allo
stesso tempo, a vederne troppa il nostro cuore scoppia o se, sembrandoci di averne vista
talmente poca, una volta che ne abbiamo assaggiato un brandello ne diventiamo schiavi?


Bellezza perché tu non sei equa? Perché non sei giusta? Perchè mi rendi inerme di fronte a te?


La verità è che se puoi vedere e godere della bellezza significa che essa è prima di tutto dentro
di te
: l’idea di vederla all’esterno è solo una macchinazione della mente. Mi piace pensare e
sentire che ciò che mi attrae con così tanta forza non lo fa per caso (e qui torniamo alla domanda
iniziale da patafisici) ma perché in quel qualcosa c’è tanto di me che devo comprendere ed
integrare. Indubbiamente la bellezza è violenta, perché se non ci mostrasse i suoi “muscoli”
sarebbe trascurata, invece essa è lì per insegnarci qualcosa che abbiamo dimenticato di sapere,
anzi di essere. Ci richiama con vigore a prestarle maggiore attenzione, a comprenderla e a
prendercene cura.


Lasciatemi concludere con un elogio delle passioni, perché cari miei, la bellezza ci fonde il
raziocinio e ci costringe a gettarci nella mischia della vita, ad avvicinarci a ciò che ci fa bruciare,
così coinvolti da accettare di scottarci gravemente pur di averla con noi. La bellezza tra gioie e
dolori è ciò che guida il mio cammino e ciò che mi muove.
Perché tutto ciò che della bellezza ci fa soffrire, altro non è che la nostra incapacità di
comprendere ciò che essa ci vuole davvero comunicare: di solito molto di più di quello che
potevamo immaginare, qualcosa di molto più incredibile della sua armonia esteriore.


“Kalos kai agatos” dicevano i greci, “bello e buono”. Io direi “kalos kai kratos”, ovvero “bello e
violento”.


Il sentiero con e verso la bellezza è costernato di prove del cuore, se attraversato
con letizia e sapienza conduce all’indipendenza dell’animo. Una sorta di contro-potere indiretto,
di scudo, contro la violenza del bello, il destino di colui che sa che nulla può trovarsi mai al di
fuori di sé.
Ma cari viaggiatori non pensate già alla meta, ma ad assaporare con tutti voi stessi il cammino.

LETTURE CONSIGLIATE:

STORIA DELLA BELLEZZA, UMBERTO ECO

CINQUE MEDITAZIONI SULLA BELLEZZA, FRANCOIS CHENG

LA CURA, HERMAN HESS

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