Ti cerco ancora

Nei meandri del mio fuoco sconclusionato ti cerco, mia bussola, ma trovarti alle volte è impossibile. Seguo il tuo odore di fata rossa, il tuo sospetto di ombra pungente, morbido come lenzuola; quelle lenzuola macchiate di un evento primordiale: la nostra nascita, il nostro sesso, lo schiudersi di un universo fatto di simboli, come un grido, in intimo raccoglimento, impronunciabile come te, come sempre. È il mio segreto, la mia denuncia privata, il sogno che continua a ripetersi… amabile ti culli nelle mie braccia smorte, ti cerco invano nei sentieri dipinti di questa città terribile, dove ti ho vista la prima volta, suonando abilmente le note del mio pianto -ballerina infuocata dalla rabbia- alimentando il grande malinteso tra me e te, due particelle estranee e indivisibili come Adamo ed Eva, frutto del mio frutto, suonatrice instancabile e divina, madre terribile, origine, originata, conchiglia perfetta e passata. Ti amo e di questo amore immenso non so più che farmene. Me lo porto per le strade come un feticcio, pesante sulle spalle, importante ma non più necessario… non è rosa, o blu, non è chiaro questo amore d’ombra; esso è nero, o porpora, è invadente e maledetto, terreno, mistico, carnale, brucia più del fuoco sotto pelle. Il mio amore per te è sciocco, e ora che non ci sei esso non vola, ma è fermo qui, accanto a me, dietro la porta, e scalpita, scalpita contro il muro, contro la noia, questa parete, contro la terra, sotto la sabbia, scalpita contro le stelle, contro gli specchi, nelle mie scarpe, contro quest’aria che non t’accoglie e che, un tempo, quando a me ti stringevi come una bambina in cerca di sussurro impertinente, forse erotico o di promessa, ti circondava di presagio e di dolcezza.
Il fatto che tu sia morta non mi suona impronunciabile; non sei mai stata terrestre ai miei occhi, mai ti avrei detta di questa Terra unica.
Il fatto che tu sia morta è testimone di quanto fossi di passaggio, un’ombra vista appena di cui io ho goduto, pazzo e ubriaco, fino a quando ho potuto, fino all’ultimo sorso; ti sei erta a condizione, dignità della mia vita umana, il mio amore per te mi ha sollevato sopra la materia, e ora che non ci sei è come se ci fossi comunque sempre stata, è come se comunque ci sarai sempre, ci sei, ci sei, tu sei, in me, nelle mie ossa, nella mia pelle, nelle mie cose, in queste mura che non smettono di urlare, che ora hanno la tua voce, in questa Terra che non smette di tremare, che ora ha il tuo profumo, in questo cielo che non smette di piangere, che ora ha il tuo volto.
Respirare m’affatica, il corpo si trascina, pesante, tra i sassi.. sono un fantasma tra la gente viva, una sembianza, abbozzo misero di un amore consumato troppo presto.. eppure, ancora, riecheggi in me come pura meraviglia… il tempo si lacera, del mondo non vedo più i contorni, adesso, vedo solo il tuo corpo, il tuo corpo davanti al mio, tu nuda, i tuoi nei, vividi, i tuoi occhi, come una condanna, il tuo odore racchiuso in una bottiglia di Gin vuota, i tuoi capelli nei petali di fiori caduti, la tua figura supina nella mia ombra, che si trascina sconclusionata per le strade di questa città, che riposa sui memoriali dei caduti.

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