Ferrania – un breve miracolo italiano

Alla fine dell ‘800 fu fondata quella che diventerà un’ importate fabbrica di esplosivi, la SIPE, la quale fece fortuna vendendo agli Zar di Russia e grazie alla Grande Guerra. Finita la guerra e finiti gli Zar si dovette operare un piano di riconversione industriale visto il calo di richiesta e fu destinato allo scopo parte dello stabilimento di Ferrania (Savona). Si decise di puntare in questo settore perché gli esplosivi e i supporti delle pellicole avevano gli stessi ingredienti (ricordate Nuovo Cinema Paradiso?). Si unì alla SIPE la Pathè Freres (All’epoca un vero e propio colosso dell’industria cinematografica) che insegnò come fabbricare l’emulsione fotosensibile.

Era il 1920 ed era appena nata la F.I.L.M.-Fabbrica Italiana Lamine Milano

FUN FACT: Se oggi chiamiamo i film in questo modo, non è perché abbiamo semplicemente adottato un termine inglese (infatti nei paesi anglofoni comunemente si dice “movie” o “motion picture”) ma è il primo nome di Ferrania, cioè Fabbrica Italiana Lamine Milano abbreviata nel logo F.I.L.M.

A causa un inizio abbastanza incerto a causa degli alti costi iniziali di produzione, la FILM, rischiò seriamente di chiudere ma dopo che la gestione divenne 100% italiana, grazie ad una politica di vendita in perdita, l’azienda riuscì ad ingranare ripianando i debiti.

Col passare degli anni l’azienda si ingrandì grazie ad alcuni fattori: prima di tutto grazie alla politica autarchica di Mussolini che rese i prezzi delle pellicole dei colossi concorrenti come Kodak e Agfa fuori mercato, in secondo luogo si trovò ad operare senza concorrenza interna perché nel frattempo si era fusa con l’antico marchio milanese Tensi e l’altra grande e prestigiosa azienda meneghina Cappelli (che aveva fatto fortuna grazie alle lastre fotografiche). Nonostante la mancanza di concorrenza fu comunque un azienda virtuosa dal punto di vista tecnologico e dell’innovazione tanto da creare la P30, una pellicola b/n semplicemente meravigliosa con la quale sono stati realizzati praticamente tutti i più grandi film italiani, tra cui quelli di De Sica, Rossellini, ecc. (la P30 è recentemente tornata in produzione, se pur in modo altalenante)

Ferrania negli anni ’50 sviluppò anche una particolarissima pellicola a colori, la prima d’Europa, che divenne famosa per le sue imperfezioni, infatti questa aveva la particolarità di enfatizzare particolarmente il rosso.

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Fotogramma tratto da “Totò a colori” di Steno, primo film realizzato in Ferraniacolor per pubblicizzarla. Da notare come in quasi ogni scena siano presenti elementi rossi sulla scena.

Purtroppo questo miracolo italiano finì quando arrivarono gli americani della 3M (si, quella dello Scotch e dei Post-It), questi ultimi, infatti, dapprima fecero sparire lo storico marchio Ferrania e poi cominciarono col vendere alle altre fabbriche i brevetti di tutti i prodotti migliori che venivano creati, conseguentemente a ciò resero i prodotti talmente tanto mediocri che mi è giunta voce che alcuni laboratori si rifiutavano anche solo di regalare i rullini per evitare lamentele. Se ciò non basta dismisero i due settori di maggior pregio della ditta, quello cinematografico e quello delle pellicole bianco e nero.

Tutto ciò andò avanti fino al ’99 quando 3M fece la scelta peggiore che poteva fare, vendette gli stabilimenti al Gruppo Messina che fecero una gestione addirittura peggiore della precendente, questi signori, infatti, distrussero quel poco di buono che era rimasto in quella fabbrica fino a farla chiudere, spolpando tutto ciò che restava della società. Praticamente avevano ridotto una delle più importanti fabbriche di materiale fotosensibile al mondo a vendere i rullini a marchio Coop.

Quella di Ferrania è stata una morte annunciata, la mala gestione era evidente così come la non lungimiranza. Col senno di poi non ci si riesce a capacitare di come non avessero la minima intenzione di assecondare la richiesta di mercato, in un periodo (il periodo che va fino al 2012 circa) che tutto chiedeva fuorché pellicole consumer oramai surclassate per utenza dal digitale, appare chiaro che si sarebbe dovuto puntare su un settore più di nicchia ma che avrebbe dato i suoi frutti nel medio periodo, come quello delle pellicole per il cinema e le pellicole b/n che per anni avevano valorizzato l’azienda, così come Kodak ci ha insegnato.

Oggi, grazie al crowdfunding la fabbrica ha riaperto in modo estremamente ridotto, anche se la produzione è attualmente ferma a causa della burocrazia assassina, con la speranza che nel giro di pochi mesi possa ricominciare in modo continuo.

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