Mehr Licht, le ultime parole di Goethe

Mehr Licht”. Con queste parole il 22 marzo 1832 si spegneva Johann Wolfgang von Goethe, una delle maggiori personalità letterarie della cultura tedesca. “Più luce” esclamava prima di spirare l’autore del Faust e, sebbene con ogni probabilità Goethe stesse solo chiedendo che gli fosse aperta la finestra, la tradizione romantica ha dato più interpretazioni di quell’espressione, sottolineando anche il particolare rapporto che Goethe aveva con il concetto di licht, “luce”. Per
meglio comprendere il suo legame con essa bisogna tenere in considerazione che sebbene oggi Goethe venga ricordato maggiormente per le sue opere letterarie, egli stesso riteneva invece più importanti i suoi trattati scientifici, tra cui spiccano La Teoria dei Colori e La Metamorfosi delle Piante. Ad oggi la scienza goethiana non è considerata valida dalla comunità scientifica ed è stata quindi catalogata come pseudoscienza. Proprio nella Teoria dei Colori Goethe attribuiva alla luce l’origine di tutti i colori dello spettro cromatico, ritenuti frutto di un’interazione tra luce e oscurità. La leggenda vuole che addirittura la sera prima della morte l’autore abbia parlato con la nuora di fenomeni ottici.

Se si vuole attribuire un valore religioso o spirituale alla “luce” di Goethe bisogna innanzitutto ricordare che fu ateo per quasi tutta la sua vita, salvo convertirsi pochi mesi prima della morte alla setta ebraica degli Ipsistari, un antico culto di cui, a partire dal IV secolo d.C. in poi, non si avranno più notizie. Scrive Goethe ad un suo amico, Sulpiz Boisserée:

“Non ho trovato nessuna confessione di fede a cui potrei aderire senza riserve. Ora comunque, nella mia vecchia età, ho scoperto una setta, gli Ipsistari, che, circondati da pagani, ebrei e cristiani, dichiararono di fare tesoro, ammirare e onorare il meglio di ciò che potesse arrivare alla loro conoscenza, e adorarlo nella misura in cui esso avesse un collegamento con la divinità. Così una luce gioiosa mi ha improvvisamente trascinato fuori da un periodo oscuro, poiché ho la sensazione di aver aspirato per tutta la vita ad identificarmi come un ipsistaro. Ciò comunque non è un compito facile, difatti come può qualcuno, nei limiti dell’individualità, arrivare a conoscere cos’è la perfezione?”.

Il culto della conoscenza, una filosofia intesa nel senso letterale del termine, “amore per il sapere”, ha dunque affascinato Goethe nei suoi ultimi anni, forse addirittura nei suoi ultimi istanti di vita. Più debole si fa l’interpretazione illuminista del mehr licht. L’opera di Goethe difatti rappresenta un vero e proprio spartiacque tra Illuminismo e Romanticismo, l’anello di congiunzione tra queste due correnti letterarie e culturali. È dunque improbabile che Goethe volesse riferirsi ai lumi della ragione con le sue ultime parole. La verità è che quando lo scrittore tedesco lasciava questa Terra chiedeva banalmente di aprire la finestra. Ma volendo farsi ispirare da una delle voci più importanti della letteratura mondiale, si può interpretare il mehr licht come un vero e proprio invito a non spegnersi mai, a cumulare sempre più luce, intesa come conoscenza, nell’impossibile tentativo di comprendere cosa può definirsi perfetto nella nostra vita.


Fonti:
• Johann Wolfgang von Goethe, La teoria dei colori;
• it.wikipedia.org, Johann Wolfgang von Goethe;
• www.phrases.org.uk, Background to Goethe’s last words;
• en.wikipedia.org, Hypsistarians.

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