Il potere dei nostri dati

lo scandalo di Cambridge Analytica nelle elezioni di Trump

Ci sono delle cose che ho sempre pensato essere solo mie, frutto della mia testa e sconosciute a chiunque altro: quello che penso, ciò che provo, le mie opinioni e le mie idee nascono da me, sono il risultato della mia elaborazione del mondo e mi appartengono in via esclusiva.


Poi ho scoperto che non è esattamente così, che esiste qualcosa in grado di manipolare i miei comportamenti e di influenzare le mie scelte, e che questa cosa è alla base di uno dei più grandi scandali degli ultimi anni.


Quante volte hai pensato che ti sarebbe piaciuto leggere i pensieri delle persone attorno a te? Ti sarebbe stato utile per conquistare qualcuno, per vincere una discussione, per dire la cosa giusta al momento giusto. Probabilmente questo era anche il sogno di Cambridge Analytica, una società di consulenza britannica, diventata celebre a seguito dello scandalo sulla gestione dei dati durante le elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 2016 e la brexit. Ma andiamo con ordine. 

Vi siete mai chiesti come mai la maggior parte dei servizi in Internet siano gratis?


“If you’re not paying for the product, then you are the product” (the social dilemma).


Questi servizi vengono pagati dagli inserzionisti in modo che le loro pubblicità siano indirizzate ai consumatori giusti. Affinché questo avvenga è necessario fare delle previsioni su quello che gli utenti desidereranno o, andando ancora più a fondo, essere in grado di indirizzare i desideri delle persone. Questo è ciò che viene definito profilazione o microtargeting comportamentale ed è esattamente ciò di cui si occupava, tra le altre, Cambridge Analytica.                                                                      

Enormi quantità di dati dagli utenti di internet vengono raccolti e poi elaborati tramite meccanismi simili alla psicografia, fino a delineare i perfetti profili di ogni singolo utente, per poi creare delle pubblicità altamente personalizzate basate non solo sui loro gusti, ma anche sulle sfumature della loro personalità e delle loro emozioni.
Algoritmi di questo tipo sono in grado di predire caratteristiche emotive e comportamentali degli utenti analizzando anche solo i likes su facebook: nel rapporto “Private traits and attributes are predictable from digital records of human behavior”, il ricercatore Kosinki spiega come l’algoritmo che hanno elaborato, analizzando solo 150 “mi piace”, riesca a delineare un profilo di personalità più preciso di quello che potrebbero fare i genitori dell’utente. Praticamente un ricercatore dall’altra parte del mondo, guardando il tuo profilo facebook, può conoscerti meglio di tua madre.
Persino il comitato dei ministri europei si è preoccupato di fare una dichiarazione sulle capacità manipolative dei processi algoritmici, nella quale parlano di “effetti significativi sull’autonomia cognitiva degli individui e sul loro diritto a formarsi opinioni e prendere decisioni indipendenti.”

Tornando ora allo scandalo di Cambridge Analytica, nel 2014 un certo Kogan, anche lui ricercatore, realizza un’app chiamata “thisisyourdigitallife”, che serve a creare profili psicologici e previsioni del proprio comportamento. Gli utenti possono accedere ad un sistema “gratuito”(you are the product) tramite i loro facebook login.; l’app di Kogan accede così non solo a tutti i dati raccolti da facebook dei 270 mila iscritti, ma anche a quelle di tutti gli amici degli iscritti, cosa che al tempo era concessa dalle condizioni d’uso di facebook, arrivando così ad un bagaglio di dati di circa 50 milioni di utenti.
Poco dopo, questa volta violando le regole di Facebook, Kogan condivide l’archivio di profili con Cambridge Analytica.

  Nel 2016 Trump affidò proprio a Cambridge Analytica la gestione della raccolta dei dati per la campagna elettorale, il collegamento tra il comitato di Trump e la società di consulenze era già noto e ruotava attorno alla figura di Steve Bannon: ex vicepresidente di Cambridge Analytica e manager della campagna elettorale del candidato repubblicano. Quanto questo abbia influito sulla Campagna elettorale non è ancora stato accertato, è evidente però che se conosci le personalità del tuo elettorato puoi modificare i tuoi messaggi, le tue azioni, i valori che trasmetti, il modo in cui li comunichi per risuonare in modo più efficace; inoltre non è un segreto che durante la campagna elettorale di Trump furono diffuse numerose fake news e account bot che screditavano gli avversari. Un collegamento della stessa natura fu poi messo in luce dalla rivista Guardian, che rilevò il ruolo di Cambridge Analytica per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea e la relazione anche economica con il comitato Leave.
Lo scandalo scoppiò nel 2018 grazie alle dichiarazioni di Christopher Wylie, ex dipendente di Cambridge Analytica, pubblicate su New York Times e sul Guardian.

                             

     Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. (art48 cost)

Nota per i lettori: Questo non vuole essere un articolo complottista ne anti progressista, il mio intento è quello di condividere piccole recenti ricerche sul tema, che mi hanno portato a realizzare che forse, sul web, non siamo poi così liberi come pensiamo; che le nostre informazioni per qualcuno valgono un bel pacco di soldi e che la mia autodeterminazione è fortemente limitata dai contenuti che recepisco online.

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