Porta via il sonno, la fame, quando insiste ti convince anche a non uscire di casa e se può, rende il passaggio nella tua gola così stretto da togliere il respiro.
E rimandi, ci ripensi, fai uno o due passi indietro fino a quando poi è troppo tardi e hai sprecato l’ennesima occasione e non puoi fare altro che consolarti dicendo che forse non era destino.
Per non parlare di quanto si diverte, ti insegue lungo le pareti, riposa sotto il tuo letto o direttamente accanto a te, ti punzecchia e ti tormenta fino a sbellicarsi dalle risate, riesci a guardarla riflessa nello specchio, sa renderti di un colore pallido o di chiazze paonazze, poi torna a fare da sfondo dietro la parete, prende la rincorsa e si spiaccica ancora su di te, puro divertimento per Ombra.
Ombra è il nome di ansia, si ho deciso di ribattezzarla con un nome diverso così da farla sentire più in famiglia dato che dalle mie pareti corporee non sembra voler andare via; e poi il suo nome appunto, mi agita.
Esistono tante Ombre, piccole, grandi, docili, spietate, e agli occhi di molti, Ombra è soltanto una “ fissazione”, una cosa inventata, una cosa che “ se proprio c’è, si può controllare”, certo, come se ci fosse una manopola del volume da qualche parte tra i nostri vari pezzi, un naso, un orecchio, un gomito, una chiappa, toh, ecco la manopola dell’ansia.
Certo che si può controllare, ma non siamo fatti tutti della stessa pasta, ci sono tante di quelle fragilità, se fosse tutto così semplice nessuno mai andrebbe in frantumi. Ma la questione è che non deve essere semplice, deve essere compresa, anche se non la comprendiamo, anche se non la vediamo. Chi convive con Ombra molto spesso prova imbarazzo e nasconde le proprie debolezze sotto i vestiti e le coperte, riempie l’armadio di scuse, ingoia pianti e frustrazione senza pensare alle conseguenze del fatto che prima o poi ci si riempie fino all’orlo. Perché le nostre paure e i nostri disagi ci imbarazzano, ci si vergogna di quello che ci rende deboli; invece deboli lo siamo tutti ma non tutti siamo forti e quando si trova il coraggio di mostrarsi, di aprirsi, se ad accogliere questo è un giudizio la porta si richiude all’istante.
La mia Ombra è solo un piccolo mostriciattolo, molti invece convivono con dei giganti che buoni non sono, che quando ci sono, anche la scelta più banale o l’azione più stupida diventano cose complicate; riescono a trasformare una cosa bella in un incubo da accartocciare, una giornata di sole in un giorno grigio e macabro, riescono a mandarti fuori binario, fuori di testa; la pelle ti sta stretta, tutto ti sta stretto, e nulla da sollievo se non mettersi sotto le coperte al sicuro provando a soffocare la consapevolezza che loro, i giganti, sono anche lì sotto.
A lungo andare io ho capito che con Ombra dovrò dividere la stanza a vita, ma non sarà mai lei la padrona di casa. Però ora è Ombra, poi diventerà un vento di passaggio che ogni tanto entrerà da qualche spiffero e manderà tutto per aria ed io proverò a cacciarla fuori mettendo le cuffie o chiamando mia madre che, con la sua voce, riesce fa sempre a mettere quiete nella mia stanza. Ognuno ha il suo metodo; c’è chi ancora lo cerca e, chi sta provando a chiedere aiuto, sicuramente lo sta facendo in silenzio.
Inchiodare il pubblico al silenzio: “Le Amarezze“, da Koltès a Adriatico
“La carne è incompatibile con la carità: l’orgasmo trasformerebbe un santo in lupo.” E. M. Cioran, “Sillogismi sull’amarezza”, 1952 Nell’attualità della cultura europea, ormai