Apri gli occhi è un incubo a occhi aperti, un episodio di Ai confini della realtà con punte di romanticismo che lo rende terribilmente aderente alla vita quotidiana. È un film rivelatorio, durante il quale è necessario mettere in pausa più volte per la quantità di contenuti e riflessioni.
L’ambiguità di identità non risparmia nessuno: Sofia, la ragazza di cui Cesar è innamorato, è un mimo ingenuo dagli occhi marroni finché non lo vede sfigurato, dimostrando di essere più attaccata all’aspetto esteriore di quanto lasciasse trasparire. Pelayo, migliore amico di Cesar, nasconde dietro freddure e battutine autoironiche una vena di invidia che non scoppia solo “grazie” all’incidente. L’unico personaggio che non si involve è proprio Cesar: donnaiolo megalomane, si riscopre profondo, ma solo una volta emarginato dalla società.
“Deve imparare ad accettarsi”
“E lo va a dire lei a tutti per strada che il fisico non c’entra, che la bellezza è all’interno?”
La maschera che indossa Cesàr dopo essere stato sfigurato da un incidente stradale non è nient’altro che la stessa che scegliamo di portare ogni giorno, costruendo una vita sui social che ha poco a che fare con quella vera. Il suo Io diventa tutt’uno con la maschera che indossa, e qui sopraggiunge l’incapacità di distinguere allucinazioni, sogni e realtà.
Cos’hanno in comune gli episodi onirici e le ore passate sui social? Assumendo che i sogni siano proiezioni rielaborate di una serie di cose viste e sentite durante la veglia, l’algoritmo che domina da diversi anni i principali siti di interazione come Instagram e Facebook suona spiacevolmente famigliare: la proposta di immagini e video in base a contenuti già visti, cliccati anche per un secondo solo, salvati per sempre dentro la nostra identità digitale.
Il sogno di Cesar continua da così tanto tempo che anche lo spettatore si convince che sia solo un salto temporale. È al bancone di un locale quando arriva un uomo per illuminarlo. Cesar frastornato dalle sue parole chiede silenzio per tutti. E tutti tacciono al suo ordine.
“ i sogni non si scoprono mai finchè non ci si sveglia”
Il modo di recidere la realtà parallela fatta di suggerimenti ad hoc e immagini perfette è interrompere il sogno: impostazioni profilo > disattiva. Ed è qui che entra in gioco la tanto chiacchierata FOMO: the fear of missing out.
Andrew Przybylski, uno dei maggiori studiosi di FOMO, ritiene che le cause della stessa siano da rintracciarsi nel tentativo di soddisfare alcuni bisogni di base propri degli esseri umani. Prendendo spunto dalla nota teoria dell’autodeterminazione, egli ritiene che la salute psicologica sia raggiunta quando l’essere umano si sente capace di influenzare il proprio ambiente, percepisce di essere autonomo e si sente in relazione con gli altri.
Si può rilevare una componente al di là dei meccanismi che appartengono meramente al fatto di essere animali prima di umani, di avere quindi inclinazioni pressoché incontrollabili, poiché la società dei consumi, elemento esterno alle pulsioni endogene, gioca un ruolo fondamentale nella paura di essere tagliati fuori.
Nel suo saggio “La cultura del narcisismo”, Christopher Lasch, storico e sociologo statunitense, identifica l’intreccio perverso tra il narcisismo (nello specifico attuale, il vero e proprio “culto della propria immagine”) e le caratteristiche del capitalismo: accentuato individualismo, edonismo, ossessione per le celebrità e ricerca della visibilità, ad ogni costo. Per non parlare della fede incondizionata verso la tecnologia, organismo indiscutibile e irreprimibile.
Cesar, ormai divenuto tutti noi, dà una festa per il suo compleanno: sente il bisogno di invitare il maggior numero di persone possibili nel suo appartamento lussuoso nel centro di Madrid. Pur non dichiarandolo mai apertamente, lo spettatore sente che il bisogno di quel contorno è inutile quanto irrefrenabile: che gli venga riconosciuta la sua bellezza, la sua ricchezza e popolarità. Non basta più possedere, essere fieri: l’urgenza è che qualcun altro lo sappia, lo riconosca e soprattutto provi invidia.
Mentre nel passato valeva il principio “vedo, dunque sono”, oggi sembra che debba essere sostituto dal principio “sono visto, dunque sono”.
L’unico passo aggiuntivo che si dovrebbe chiedere al Cesar che vive dentro noi è di togliersi la maschera, svegliarsi dal sogno e far brillare finalmente le cicatrici che lo contraddistinguono.